Era nell’aria da tempo è si è concretizzato ieri, quando alla chiusura del mercato azionario l’indice FtseMib di Piazza Affari si è fermato sopra i 30mila punti. È bastato un rialzo giornaliero dello 0,56% per spingere l’indice a quota 30.082, nuovo massimo da oltre 15 anni: era da metà giugno del 2008 che il FtseMib non stava sopra soglia 30mila. Da allora sempre sotto, con un minimo a 12.332 punti l’8 marzo del 2009, quando il movimento ribassista passato dal fallimento di Lehman Brothers si è finalmente fermato. Per poi però tornare in quella zona anche tre anni dopo, nel maggio del 2012, sul terrore del default dei debiti sovrani. Sono poi arrivate la Brexit del 2016, il Covid del marzo 2020 e l’invasione russa dell’Ucraina due anni dopo, con la successiva crisi energetica.
Sono stati 15 anni di più bassi che alti, che proprio adesso trovano un punto di passaggio a suo modo storico, anche perché coincide con un momento di grazia per l’Italia: anche lo spread è in costante calo e ieri il rendimento dei Btp a 10 anni è sceso per la prima volta dal luglio scorso sotto il 4%. E questo dopo che tutte le grandi agenzie di rating hanno passato in rassegna i conti italiani senza modificare il rating e, anzi, nel caso di Moody’s hanno rivisto al rialzo le prospettive. Mentre gli analisti tecnici che seguono da anni il mercato italiano sono ancora più ottimisti: per molti di loro l’indice FtseMib è destinato ad arrivare a 33 e poi 36mila punti. Anche se non esiste un orizzonte temporale per questi obiettivi: potrebbero passare anche anni. In ogni caso il trend è positivo.
Ad aiutare è anche la situazione dei tassi d’interesse Bce che, dopo la corsa del 2022 e ’23, dovrebbero essere arrivati al massimo. Tanto che a questo punto il tema del dibattito si è capovolto: la scommessa non è più se saliranno ancora, ma quando inizieranno a scendere, e il mercato scommette che questo accadrà nel giro dei prossimi 6-9 mesi. Ecco perché, ieri, il presidente dell’Abi Antonio Patuelli ci ha tenuto a puntualizzare: «Non vorrei che dopo il ritardo in partenza nell’aumento, ci fosse anche un ritardo nel rallentamento e nella riduzione dei tassi» ha detto a un convegno a Firenze. «Vi è un calo accelerato dell’inflazione nei Paesi europei – ha osservato – dovuto in particolar modo alla riduzione dei prezzi dell’energia, riduzione che si è rafforzata nelle ultime settimane. Penso che questo sia importante: ed è importante coglierlo, questo indicatore, non in ritardo».