Questo momento di profonda angoscia ci ha travolto come una tempesta terribile e anche adesso questa pioggia di dolore sembra non finire mai. Ci siamo bagnati, infreddoliti, ma ringrazio le tante persone che ci sono state attorno per portarci il calore del loro affetto.
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Mia figlia Giulia era proprio come l’avete conosciuta: una giovane donna, straordinaria e vivace, mai sazia di imparare. Ha abbracciato la responsabilità della gestione familiare dopo la prematura perdita della sua amata mamma. Nonostante la sua giovane età, era già diventata una combattente completa, un oplita, come spesso si definiva, come i soldati greci, tenace nei momenti di difficoltà. Il suo spirito indomito ci ha ispirato tutti.
Il femminicidio è spesso il risultato di una cultura che svaluta la vita delle donne, vittime proprio di coloro che avrebbero dovuto amarle. Invece sono state vessate, costrette a lunghi periodi di abusi fino a perdere completamente la loro libertà. Come può accadere tutto questo? Com’è potuto accadere a Giulia? Ci sono tante responsabilità. Quella educativa ci coinvolge tutti: famiglie, scuola, società civile, mondo dell’informazione. Ma mi rivolgo per primo agli uomini perché noi per primi dovremmo dimostrare di essere agenti di cambiamento contro la violenza di genere. Parliamo agli altri maschi sfidando la cultura che tende a minimizzare la violenza da parte di uomini apparentemente normali. Vorremmo essere attivamente coinvolti sfidando la diffusione di responsabilità e non girando la testa di fronte ai segnali di violenza. La nostra azione personale è cruciale per rompere il ciclo e creare una cultura di responsabilità e supporto.
A chi è genitore come me, parlo con il cuore: insegniamo ai nostri figli i valori del sacrificio e dell’impegno e aiutiamoli anche ad accettare le sconfitte, creiamo nelle nostre famiglie quel clima che favorisce il dialogo, perché così è possibile educare i nostri figli al rispetto della sacralità di ogni persona, ad una sessualità libera da ogni possesso e all’amore vero che cerca solo il bene dell’altro.
Viviamo in un’epoca in cui la tecnologia ci connette in modi straordinari ma spesso ci isola e ci priva del contatto umano reale. È essenziale che i giovani imparino a comunicare autenticamente a guardare negli occhi degli altri, ad aprirsi all’esperienza di chi è più anziano di loro. Abbiamo bisogno di trovare la capacità di ascoltare e di essere ascoltati. La scuola ha un ruolo fondamentale nella formazione dei nostri figli, dobbiamo investire in programmi educativi che ci insegnano il rispetto reciproco, l’importanza delle relazioni sane e la capacità di gestire i conflitti in modo costruttivo per imparare ad affrontare le difficoltà senza ricorrere alla violenza. La prevenzione della violenza di genere inizia nelle famiglie, continua nelle aule scolastiche e dobbiamo assicurarci che le scuole siano luoghi sicuri e inclusivi per tutti. Anche i media giocano un ruolo cruciale da svolgere in modo responsabile: la diffusione di notizie distorte e sensazionalistiche non solo alimenta uno sfera morbosa dando spazio a sciacalli e complottisti ma può anche contribuire a creare comportamenti violenti. Chiamarsi fuori, difendere il patriarcato quando qualcuno ha la forza e la disperazione per chiamarlo col suo nome, trasformare le vittime in bersagli solo perché dicono qualcosa con cui magari non siamo d’accordo, non aiuta ad abbattere le barriere. In questo momento di dolore e tristezza dobbiamo trovare la forza di reagire e trasformare questa tragedia in una spinta per il cambiamento. La vita di Giulia, la mia Giulia, ci è stata sottratta in modo crudele ma la sua morte può, anzi deve, essere il punto di svolta per porre fine alla terribile piaga della violenza sulle donne. Che la memoria di Giulia ci ispiri a lavorare insieme per creare un mondo in cui nessuno debba mai temere per la propria vita. Voglio leggere una poesia di Gibran su come bisognerebbe imparare a vivere. «Il vero amore non è né fisico né romantico. Il vero amore è l’accettazione di tutto ciò che è, è stato, sarà e non sarà. Le persone più felici non sono necessariamente coloro che hanno il meglio di tutto, ma coloro che traggono il meglio da ciò che hanno. La vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta, ma di come danzare nella pioggia!». Cara Giulia, è giunto il momento di lasciarti andare, salutaci la mamma. Ti penso abbracciata a lei e ho la speranza che il vostro amore sia così forte da aiutare Elena, Davide e anche me non solo a sopravvivere a questa tempesta di dolore ma anche ad imparare a danzare sotto la pioggia. Cara Giulia, grazie per questi 22 anni che abbiamo vissuto insieme e per l’immensa tenerezza. Non so pregare ma solo sperare: voglio sperare insieme a te e alla mamma, insieme ad Elena e Davide, insieme a tutti voi qui presenti, voglio sperare che tutta questa pioggia di dolore innaffi il terreno delle nostre vite e produrre il frutto: di amore, perdono, pace.