Cinque sopralluoghi tra febbraio e marzo per verificare «la via di fuga più sicura». Quattro macchine, di cui una acquistata apposta per lo scopo, alcuni giorni prima dell’evasione e intestata all’unico membro del commando nato in Italia.
La riunione operativa al centro commerciale La Chiarella, non distante da Basiglio. Il disturbatore di segnale, che ha impedito che il braccialetto elettronico (in seguito danneggiato e manomesso) suonasse e allertasse le autorità. E poi la fuga in auto, attraverso Gorizia e oltre il confine sloveno fino a far perdere le proprie tracce, a Mosca. Alla guida dell’auto, ci sono Boris Jovancic, 27 anni operaio e figlio di Vladimir, bosniaco, anche lui a bordo dell’utilitaria che ha portato fuori dall’Italia Artem Uss, figlio di un oligarca russo. Era agli arresti domiciliari, in via Cascina Vione 3 nel comune dell’hinterland, quando il gruppo – pre organizzato nel dettaglio, come hanno dimostrato le indagini del nucleo investigativo dei carabinieri di Milano e della Guardia di Finanza – lo ha prelevato alle 13.45 del 22 marzo scorso. Accusato di contrabbando di petrolio dal Sud America e di spionaggio industriale e militare verso la Russia, per Uss è stata ieri messa una taglia dal dipartimento di Stato americano: 7 milioni di euro per chiunque abbia informazioni che siano utili al suo arresto.
Sempre ieri, sono state parzialmente eseguite le ordinanze di custodia cautelare per i membri del commando di cinque persone che ne ha organizzato e realizzato la fuga. Ovvero «un delicato compito affidato a un gruppo di uomini che godevano della sua massima fiducia, anche per interposta persona, e che a loro volta, avevano tra loro una relazione consolidata».
La gip Anna Magelli che ha firmato il provvedimento richiesto dal pm Giovanni Tarzia, ha ricostruito la sequenza dell’evasione nel dettaglio. La «colonna di autovetture» – la Volvo Station Wagon e la Fiat Bravo, con targhe italiane, un’altra Volvo e Audi A8 rispettivamente con targa slovena e serba – che arriva nel parcheggio de La Chiarella evidentemente «per mettere a punto gli ultimi dettagli finalizzati alla commissione del delitto». La «carovana» che si muove nell’ordine, la riunione alla trattoria Peppone, «dove prendono posto ad un tavolino esterno e dove rimangono per circa un’ora prima di allontanarsi dalla zona». E infine il prelievo a casa di Uss.
Il 41enne stato ripreso dalle telecamere mentre saliva sui sedili posteriori della Bravo, per poi svanire nel nulla. Ha verosimilmente cambiato auto, secondo le indagini, fuggendo su uno degli altri veicoli diretti a Gorizia: la colonna di auto è stata individuata dai contatarghe disposti lungo l’autostrada A4 in direzione est, intorno alle 17.17. Uss è ricomparso solo 13 giorni dopo, cioè il 4 aprile, quando ha rilasciato una breve dichiarazione all’agenzia di stampa russa «Ria Novosti» affermando di trovarsi in patria. Ieri sono state eseguite le ordinanze di custodia cautelare per padre e figlio, tra la Croazia e Desenzano del Garda. Per gli altri, oltre allo stesso Uss, lo sloveno Matej Janezic, i serbi Srdan Lolic e Nebojsa Ilic, le misure sono in corso di esecuzione. Per una sesta indagata – la cui partecipazione è stata ritenuta non provata dal gip – è stata respinta la richiesta di applicazione della misura.