Firme ritirate e testo strappato: l’ultima sceneggiata della sinistra sul salario minimo

L'inutile show della sinistra: Conte fa carta straccia del salario minimo

La battaglia sul salario minimo riprende nell’Aula della Camera dei Deputati. Tre settimane fa era arrivata l’approvazione in commissione Lavoro di Montecitorio dell’emendamento del centrodestra con cui si è affossato il testo delle opposizioni sulla retribuzione oraria minima di 9 euro; ora la sinistra, pur assolutamente consapevole di non avere i numeri in Aula, ripropone la propria proposta di legge unitaria, sottoforma di emendamento, con l’obiettivo di “costringere” il governo a dare parere contrario e la maggioranza a votare contro. Un voto che, secondo il ragionamento delle opposizioni, vorrebbe rendere plastico “lo schiaffo in faccia del governo e del centrodestra a oltre 3 milioni di lavoratori poveri“. L’esito (scontato a favore della maggioranza) dei numeri di Montecitorio arriverà in tarda serata.

Opposizioni su tutte le furie

L’emendamento è firmato anche dai leader delle forze di opposizione, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni, Elly Schlein, Angelo Bonelli, Riccardo Magi, dai capigruppo (anche di Azione) e da altri parlamentari delle cinque forze politiche, ad eccezione di Italia Viva che non ha mai condiviso la proposta di legge. “Disposizioni per l’istituzione del salario minimo”, è il titolo del provvedimento, già preannunciato ieri in vista della battaglia odierna nell’assemblea della Camera. La discussione si svolge in un clima infuocato, con dei toni fortissimi: il capogruppo del Movimento Cinque Stelle, Francesco Silvestri, accusa la maggioranza di essere “i mandanti dell’assassinio di 4 milioni di lavoratori“. Non è molto da meno il leader Conte, secondo il quale “questa battaglia è stata rallentata con questo voto, ma noi la vinceremo, il Paese è con noi“., per poi strappare platealmente il testo della delega del governo. In aula interviene anche la segretaria del Partito Democratico: “Oggi con questa scelta – afferma Schleinaffossate il salario minimo su cui abbiamo raccolto oltre 500mila firme, ve ne siete fregati, gli avete tolto pure il nome. Puntate a cancellarlo dalla memoria collettiva, a rimuoverlo dal dibattito pubblico, a degradarlo a un capriccio delle opposizioni“. La leader dem parla anche di un “antipasto del premierato: tutti i poteri concentrati nelle mani del capo e il popolo chiamato ogni 5 anni ad acclamarlo. Ma la democrazia è un’altra cosa“.

La legge delega del governo sul salario minimo

La contro-proposta messa in atto dal governo Meloni con una sua legge delega è quella di adottare, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi volti ad intervenire in materia di retribuzione dei lavoratori e contrattazione collettiva, per il raggiungimento dei seguenti obiettivi: “assicurare ai lavoratori trattamenti retributivi giusti ed equi, contrastare il lavoro sottopagato” anche in relazione a specifici modelli organizzativi del lavoro e categorie di lavoratori, “stimolare il rinnovo dei contratti collettivi nel rispetto delle tempistiche stabilite dalle parti sociali – e questo dovrà essere fatto nell’interesse dei lavoratori e delle lavoratrici -, contrastare il dumping contrattuale“. Un fenomeno, quest’ultimo, che determina fenomeni di concorrenza sleale mediante la proliferazione di sistemi contrattuali finalizzati ad abbassare il costo del lavoro e ridurre le tutele dei lavoratori. L’esecutivo s’impegna inoltre “estendere i trattamenti economici complessivi minimi dei contratti collettivi, individuati in base al criterio di maggiore applicazione” a quei gruppi di lavoratori “non raggiunti da alcuna contrattazione collettiva, applicando il contratto della categoria più affine“.

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