Galileo Chini, il genio del liberty apprezzato da Puccini

Galileo Chini, il genio del liberty apprezzato da Puccini

Verso fine ‘800, Firenze si consacrò capitale della cultura italiana grazie al proliferare di vivaci caffè letterari, riviste, mostre e sempre più numerose rilegatorie. E Galileo Chini (1873-1956) ne fu uno dei massimi esponenti internazionali.

La sua sconfinante potenza artistica che spaziò dall’influenza di capolavori preraffaelliti al simbolismo europeo (Klimt su tutti) è figlia di un innato genio naturale perfezionato con gli studi, i viaggi ma soprattutto con l’intenso lavoro.

Esempio di grande decorazione di Chini
Un esempio di grande decorazione chiniana

La frequentazione degli ambienti accademici e dei circoli culturali fiorentini gli permisero di incontrare figure come Giovanni Papini, Ardengo Soffici, Telemaco Signorini, Plinio Nomellini.

E se questi maestosi artisti rimasero legati ad una dimensione nazionale, Chini nel 1911 “volò” a Bangkok dal sovrano per decorare la Sala del Trono del palazzo reale. Ma le sue opere erano già conosciute al di fuori dell’Italia nei primi del ‘900.

Stimato da Umberto Boccioni, Auguste Rodin e Giovanni Segantini, fu artista poliedrico (incisore, decoratore, grafico, pittore) e imprenditore creativo (fondò prima la manifattura “Arte della Ceramica” e poi la “Fornaci San Lorenzo” tutt’oggi attiva).

Il suo nome è inoltre legato alla florida stagione del liberty italiano. Da Milano a Roma fino alla rinata Palermo, grazie alla dinastia dei Florio e al suo gioiello più splendente, il villino all’Olivuzza, l’Italia assunse una nuova veste decorativa caratterizzata da linee curve e sinuose.

L’arte incontrava la natura e la borghesia sanciva definitivamente la propria ascesa sociale immedesimandosi nel nuovo stile.

Anche con l’avvento del fascismo, il genio artistico di Chini continuò ad essere ammirato, apprezzato e richiesto nelle più prestigiose città italiane.

Negli anni ’20 fu chiamato a riqualificare il lungomare di Viareggio di cui ancora oggi si possono notare le splendide cupole orientali del Gran Caffè Margherita, le decorazioni dell’hotel Liberty ed Exclesior e l’elegante Villa Argentina.

Il legame con l’amata Versilia durò fino alla fine dei suoi giorni. Qui, nella “Casa delle Vacanze”, a Lido di Camaiore ebbe il suo buen retiro in cui poter dipingere le più suggestive scene marine volgendo però spesso lo sguardo verso le Alpi Apuane, descritte dallo storico e geografo Emanuele Repetti come “un mare in tempesta pietrificato”.

Cabine su la spiaggia di Lido di Camaiore
Galileo Chini, Cabine su la spiaggia di Lido di Camaiore, 1931

Nomellini, l’amico sincero e ascoltato, gli fece conoscere Giacomo Puccini che gli commissionò alcune prestigiose decorazioni all’interno della villa di Torre del Lago e successivamente la realizzazione delle scenografie del Gianni Schicchi e della sua ultima opera, Turandot.

L’improvvisa morte del compositore, 29 novembre del 1924, fece slittare la prima alla primavera del 1926. La Turandot andò in scena alla Scala e fu completata e diretta da Arturo Toscanini.

La serata fu memorabile in tutto: per la splendida partitura sonora, per la storia rappresentata, per la magnificenza delle scenografie in sintonia perfetta con la musica e per i bellissimi costumi realizzati da Caramba con l’aiuto di Chini.

Bozzetto per Tourandot di Giacomo Puccini, Atto II° scena seconda (terza visione)
Bozzetto per Tourandot di Giacomo Puccini, Atto II° scena seconda (terza visione), 1924

A 150 anni dalla nascita, avvenuta il 2 dicembre 1873, la Regione Toscana e la Fondazione Promo P.A. rendono omaggio al genio chiniano con una serie di eventi nazionali, “Galileo Chini a porte aperte”, rievocandone le straordinarie e numerose imprese artistiche.

Nel 2024 si apriranno anche le celebrazioni del centenario della morte di Giacomo Puccini. Per un momento, forse, il maestro e l’artista poliedrico torneranno a parlarsi e ad immaginare tra il fascino dell’amato Oriente e la magia del teatro lirico la loro città sognata: Viareggio.

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