Brunei, Kuwait, Turkmenistan: quei Paesi senza debito pubblico

Orologio che mostra il debito pubblico statunitense in tempo reale a New York City.

Il rapporto tra il debito pubblico contratto da uno Stato e la ricchezza generata all’interno di esso, o meglio il suo prodotto interno lordo, è un indicatore che viene spesso utilizzato per descrivere la situazione economica di un Paese, da non confondere con il deficit che rappresenta invece la quota di spesa coperta creando debito. Ma non sempre chi non riesce a mantenerlo basso sta attraversando una crisi o è condannato alla bancarotta, come dimostra il caso degli Stati Uniti.

Le nazioni con il rapporto debito/Pil più basso sono ovviamente quelle con pochissime spese che ingolfano le casse statali, come pensioni, welfare state, sanità e istruzione. Nel 2022 il Paese con la percentuale più bassa in assoluto è risultato essere il Brunei, sultanato situato nel Sud-est asiatico: solamente il 2%. Ravvicinato il Kuwait, in Medio Oriente, che si ferma al 2,9%. Terzo il Turkmenistan con il 5%. Le economie di questi tre Stati dipendono interamente dagli idrocarburi. I primi due esportano tantissimo petrolio, mentre il Turkmenistan trae la sua fortuna dal gas che estrae e rivende all’estero. Entrate che permettono ai rispettivi governi di non dover alzare le imposte – che in certi casi neppure esistono – ai cittadini. Fuori dal podio poi l’arcipelago di Tuvalu, microstato del Pacifico che vive di pesca.

Un debito pubblico più alto della media può però rappresentare un pericolo per la solidità finanziaria di uno Stato. È il caso ad esempio della Grecia, fanalino di coda in Europa con un debito pubblico corrispondente al 192% del Pil. Atene ha vissuto un periodo di crisi profonda per oltre dieci anni, nonostante adesso i dati macroeconomici stiano invertendo la tendenza che negli anni Dieci ha rischiato di trascinare con sé l’Ue.

L’Italia si trova in penultima posizione in Europa, dietro alla Grecia e 155esima a livello globale, quartultima, con il 143,5% che equivale a oltre due miliardi e mezzo di euro. Il debito italiano è in espansione ormai da tempo e non è dunque da attribuire alle politiche dell’attuale governo: i tassi di crescita non soddisfacenti in passato, l’aumento degli interessi, l’eccessiva spesa pubblica e la pandemia hanno contribuito a un incremento stabile del debito.

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