Verdi, il caso patriarcato maschera guai e rancori

Verdi, il caso patriarcato maschera guai e rancori

Altro che ambientalismo. Tra i Verdi il clima si è fatto irrespirabile, persino tossico. Nel movimento guidato da Angelo Bonelli si stanno consumando tensioni e regolamenti di conti sempre più difficili da gestire. E da nascondere. A scoperchiare il vaso di Pandora, giovedì, la deputata Eleonora Evi, che dimettendosi da co-portavoce ha parlato di partito «personale e patriarcale» nel quale il suo ruolo sarebbe stato ridotto a «mera carica di facciata». Di fronte ai tentativi di Bonelli di smorzare le polemiche sulla parità di genere, Evi ha menzionato le altrettanto recenti dimissioni di Simona Saraceno da co-portavoce nel Lazio. E, contattata dal Giornale, la stessa Saraceno conferma. «A destra la cultura patriarcale è rivendicata, a sinistra è nascosta», attacca, dando ragione a Evi. «Ipocrisia», l’accusa. Uno smacco per la compagine progressista e per i Verdi, che si proclamano alfieri dell’inclusione, arrogandosi il diritto di dispensare lezioni sul tema. Quelle sul presunto «patriarcato» verde però sarebbero solo beghe superficiali che nascondono contrasti ben più radicati. «Se la dialettica all’interno del partito si è così tanto esasperata, qualcosa significa» osserva Saraceno, dimessasi per «una serie di questioni di disagio organizzativo». Tradotto: divergenze ai vertici. Anche per questo, ora l’esponente invita i Verdi a una «revisione interna». Perché il rischio della zuffa c’è e la miccia che potrebbe innescare l’implosione sono le prossime Europee. E sono emerse discordie sulla lista unitaria con Sinistra Italiana. In molti, sotto sotto, mugugnano e mettono in discussione la leadership di Bonelli, sulla quale già avevano pesato e non poco – gli imbarazzi del caso Soumahoro.

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