Casarini e i soldi Cei: le intercettazioni lo inguaiano

La Cei in imbarazzo sui soldi a Casarini

È diventato un caso il contenuto negli atti dell’inchiesta della Procura di Ragusa che indaga Luca Casarini e altre cinque persone per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e violazione del codice della navigazione. Il pm ne ha chiesto il rinvio a giudizio e il gip decide il 6 dicembre. «Frasi totalmente inventate» dice Casarini di quelle rivelate da Panorama e dalla Verità che svelano la cornice in cui si sarebbero mossi l’attivista e la ong Mediterranea, con la sua Mare Jonio, nel salvataggio dei migranti. Emerge la relazione tra Mediterranea e l’uso delle donazioni ricevute da parte della Chiesa, come da dichiarazioni agli atti dell’indagine. Casarini viene descritto come «destinatario di 6 mila euro di emolumenti mensili ammette che ‘sta roba gli ha permesso di pagare l’affitto di casa e la separazione senza andare a lavorare in un bar». «È tutto totalmente falso», dice lui mentre minaccia querele. Ma il rapporto con i vescovi sarebbe stato così stretto da indurre uno degli indagati, Giuseppe Caccia, amico di Casarini, a dire che «i nostri amici vescovi bergogliani sono un po’ dei co… a non gestirsi pubblicamente il rapporto con noi», in relazione alla mancata «pubblicità» del finanziamento economico alla ong da parte della Chiesa. Dalle intercettazioni emergerebbe una relazione così stretta con i vescovi che la finanziano, che dopo una omelia del Papa si parla di «Casarini come del ghost writer di Francesco». Viene citata anche una lettera di Francesco in risposta a Casarini che lamenta le difficoltà del soccorso in mare. E che inizia così: «Luca, caro fratello». Casarini commenta: «Ora lavoriamo su Luca, figliolo prediletto». «Frasi false, manipolate o al di fuori dal loro contesto», dice lui al Corriere ipotizzando «un’operazione per intimidire il gip che deciderà sul rinvio a giudizio». L’uomo di riferimento per ottenere sostegno sarebbe stato l’attuale presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Matteo Zuppi. E Don Mattia Ferrari, il cappellano di bordo della Mare Jonio.

La Procura contesta anche a Casarini di aver ricevuto 125 mila euro dalla compagnia danese Maersk, proprietaria della nave che aveva salvato 27 naufraghi poi presi a bordo dalla Mare Jonio di Mediterranea. L’ipotesi è che il trasferimento dei migranti sia avvenuto per motivi economici e non umanitari. «Non vediamo l’ora di poter dimostrare che è tutto falso», dice Casarini. E rilancia: «Mi spiace di essere lo strumento per quello che è chiaramente un attacco a Papa Francesco». Una delle frasi che restituiscono meglio il vitale sostentamento finanziario alle missioni della ong: «La Chiesa cattolica sta diventando il nostro Soros. Ho avuto la faccia da c di chiedere i soldi a Bergoglio», dice il Cappellano della nave.

Quando i fondi della Chiesa però a volte stentano ad arrivare ci sono tensioni. Per don Mattia, Zuppi è troppo «prudente» e «vuole la botte piena e la moglie ubriaca. Per quanto sia un grande a me con ‘ste lentezze ha un po’ rotto i coglioni». Casarini suggerisce: «Scrivigli che l’hai visto (in tv, ndr) e che era bello e così gli chiedi».

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