Terminato l’interrogatorio di Filippo Turetta nel carcere di Verona. Il reo confesso dell’omicidio di Giulia Cecchettin è rimasto per 9 ore davanti pm Andrea Petroni, che coordina l’inchiesta dei carabinieri e che gli ha contestato tutte le prove raccolte, tra cui i due coltelli trovati e quel nastro adesivo, comprato on line qualche giorno prima dell’11 novembre e che avrebbe usato per chiudere la bocca e legare le mani alla ragazza. C’è poi il coltello trovato all’interno della macchina, dove sono stati trovati anche 300 euro i contanti.
Per lui l’accusa è di omicidio volontario aggravato e sequestro di persona. A differenza del primo interrogatorio, stavolta Turetta ha deciso di rispondere alle domande del pm. Pause lunghe, silenzi e lacrime hanno scandito le lunghe ore di interrogatorio, durante le quali l’indagato ha anche dato risposte articolate, quelle che non ha fornito tre giorni fa. Ci sono state anche alcune incongruenze nel racconto verificate con domande puntuali, di fronte a diversi “non ricordo”. E quel “mi è scattato qualcosa in testa” per spiegare l’orrore sul corpo dell’ex fidanzata, colpita con oltre 20 coltellate. Quella mortale, come rilevato dall’autopsia, è stata all’aorta, dopo la seconda lite.
Lui parlava di “amore”, le diceva che solo con lei stava bene e che altrimenti si sarebbe ammazzato. Nel frattempo, come hanno raccontato anche le sue amiche con cui Giulia si confidava. È emerso anche che Turetta la pedinava a volte, soprattutto nelle ultime settimane, e faceva crescere in lei “ansia e paura”. Sono tanti i punti sui quali il reo confesso ha dovuto rispondere e chiarire, perché la dinamica dell’omicidio, che è stata delineata a grandi linee dagli inquirenti, dovrà essere delineata nei particolari e nei dettagli dall’indagato.
Giulia è stata accoltellata a morte mentre cercava di difendersi con le mani a parare i colpi. Sarà dirimente ai fini del processo stabilire quando Turetta ha deciso di uccidere l’ex fidanzata: l’ipotesi della premeditazione si staglia all’orizzonte fin dai primi giorni ma è necessario raccogliere prove per arrivare a un’accusa ufficiale. Per il momento ci sono solo alcuni indizi ma nessuna prova concreta. L’interrogatorio, l’analisi dell’auto e l’autopsia sul corpo di Giulia potranno dare risposte. Se venisse accertata la premeditazione, Turetta rischia l’ergastolo. In caso contrario, potrebbe essere condannato a 30 anni di galera.