Ministro della Repubblica per un anno e mezzo e aspirante “ristrutturatore” del Partito democratico, chiamato a gran voce soprattutto da alcuni militanti romani. Fabrizio Barca, che compirà a breve 70 anni, ha attraversato la politica attiva all’inizio degli anni Dieci del Duemila: un po’ per necessità, un po’ per passione. La breve esperienza all’interno del mondo della sinistra lo ha fatto rapidamente tornare sui propri passi, con un repentino rientro dell’ambito dell’economia, che è sempre stato indubitabilmente il suo punto forte professionalmente parlando. La politica sembrerebbe ora averla messa da parte, ma qual è il presente (e il futuro) dell’ex ministro Barca?
Fabrizio Barca: dalla Sapienza alla Commissione Ue
Fabrizio Barca nasce a Torino l’8 marzo 1954. È figlio di Luciano, partigiano, deputato, senatore del Partito comunista ed ex direttore dell’Unità. Da giovane si diploma al Liceo ginnasio statale Terenzio Mamiani di Roma e si laurea in Scienze statistiche e demografiche (indirizzo economico) all’Università La Sapienza. Decide poi di proseguire gli studi conseguendo il Master of Philosophy in economia all’Università di Cambridge e nel 1979 inizia la propria carriera al servizio studi di Banca d’Italia, fino a diventarne dirigente nel 1991. Come esperto di politiche di sviluppo territoriale, insegna Politica economica, Finanza aziendale e Storia dell’economia presso le università di Milano (Bocconi), Modena, Parigi (Sciences Po), Siena, Roma (Tor Vergata), Parma e Urbino. Pubblica inoltre numerosi saggi sulla teoria d’impresa, la corporate governance, la storia del capitalismo italiano e le politiche regionali.
Tra il 1999 e il 2006 lavora all’Ocse come presidente del comitato per le Politiche territoriali; negli stessi anni ricopre anche diversi incarichi come tecnico al ministero dell’Economia. Nel ’96 Carlo Azeglio Ciampi lo vuole al Dipartimento di coesione e sviluppo, dove si impegna nella ridefinizione di una nuova politica d’intervento per il Sud che possa supplire l’esperienza della Cassa per il Mezzogiorno. Continua a ricoprire l’incarico anche con l’arrivo di Giulio Tremonti a Palazzo delle finanze, fino alla nomina a direttore generale del ministero dell’Economia nel 2006. Nel 2009 per la Commissione europea realizza il rapporto indipendente sulle politiche di coesione “An Agenda for a reformed cohesion policy”. Nel 2010 è consigliere speciale del Commissario Europeo per la politica regionale.
Il governo Monti e l’adesione al Pd
Ecco poi arrivare la “chiamata di responsabilità” nel novembre 2011: con la caduta del governo Berlusconi, si insedia a Palazzo Chigi un’intera squadra di ministri tecnici capitanata da Mario Monti. Dentro quel Cdm c’è anche Fabrizio Barca, che assume l’incarico di ministro della Coesione territoriale. Troppo breve la sua esperienza alla guida di quel dicastero per portare a termine il suo piano di investimenti di risorse pubbliche per la modernizzazione del sistema Paese. Avrà invece un po’ più di tempo per cercare di elaborare un (complicatissimo) rinnovamento del Pd, al quale si iscrive nel 2013 e in cui viene eletto nel direttivo del circolo romano di via dei Giubbonari, sede storica del Partito Comunista. Acclamato per certi versi come una sorta di “salvatore della patria” dei democratici, dà vita al progetto Luoghi idea(li): con questo si propone di sperimentare il “partito palestra” che vorrebbe le strutture locali del Partito Democratico impegnarsi a mettere in atto nuovi metodi di azione, partecipazione, produzione di conoscenza e comunicazione.
Il risultato non fu esattamente trionfale: non tanto per responsabilità dell’economista torinese, ma quanto più per una comunità dem portata inesorabilmente verso la confusione e l’inconcludenza. Tanto da spingere lo stesso Barca a dimettersi dalla commissione per la riforma del Pd. Poco prima di questa sua scelta, era caduto in uno scherzo telefonico de La Zanzara in cui rivelava a un finto Nichi Vendola presunte pressioni ricevute da lui per farlo diventare ministro dell’Economia sotto il governo di Matteo Renzi. Accantonato il Pd, l’ex ministro è ritornato saldamente a occuparsi di temi strettamente economici: dal 2018, infatti, è coordinatore del Forum Disuguaglianze Diversità. L’obiettivo che si pone è quello di stimolare “l’incontro e la collaborazione tra il mondo della ricerca e della cittadinanza attiva” al fine di “disegnare proposte generali per l’azione collettiva e pubblica tesa a ridurre le disuguaglianze“.