Il «patriarcato» è come il boomerang: quando lo tiri addosso a qualcuno, rischi che ti ritorni in testa.
Così fa scalpore che la bruciante accusa esploda dentro il piccolo mondo molto politically correct e femminista della sinistra-sinistra: la co-portavoce, insieme al fondatore Angelo Bonelli, dei Verdi, Eleonora Evi, annuncia fragorosamente l’addio: «Mi dimetto: non sarò la marionetta del pinkwashing», tuona («pinkwashing», per chi non fosse addentro al gergo woke, sarebbe il darsi una pittatina femminista per meglio mantenere il predominio maschile). E infatti: «Il mio ruolo è stato ridotto a mera carica di facciata nell’ennesimo partito personale e patriarcale», geme Evi. E denuncia un «cortocircuito quasi indecifrabile», che ha spinto «i vecchi dirigenti a far muro contro di me dopo le elezioni» per «oscurarmi». Forse, è l’atroce sospetto, a causa della sua «recente maternità». Evi è stata europarlamentare di M5s per due legislature. Non sarebbe stata ricandidata, causa doppio mandato, e a quel punto ha scoperto che i grillini erano poco ambientalisti e femministi, e ha annunciato il suo passaggio ai Verdi. Perché lì, scriveva, «la parità di genere è concretamente attuata». Infatti è stata eletta («L’abbiamo candidata in tre collegi, per darle la certezza», dice Bonelli) e ha pure accettato la nomina a co-portavoce, in condominio di genere. Poi l’incantesimo si è rotto.
Il mite e assai woke Angelo Bonelli, che si ritrova da un giorno all’altro addosso il marchio d’infamia di «patriarca», ci è rimasto male. «Ma come, il nostro è l’unico partito in Italia che ha nello Statuto la parità di genere uomo-donna». Ma cavallerescamente la butta in politica, e spiega che il dissenso riguarda la decisione, votata in Direzione, di proseguire l’alleanza con i Rossi (alias Sinistra italiana di Fratoianni) alle Europee. A lei non piaceva, ma – fa notare con buon senso Bonelli – «in un partito ci si adegua alle decisioni della maggioranza».
In realtà, spiegano molteplici voci interne all’arcipelago green, con l’ira funesta di Evi il patriarcato e pure le alleanze politiche c’entrano poco. «C’entra la tv», taglia corto un gola profonda. Che spiega: da mesi la neo-deputata si lamenta che non le venga data «visibilità» e che non le arrivino sufficienti inviti negli scintillanti salottini catodici del blablabla televisivo. «Perché Bonelli è andato da Vespa a Porta a Porta e io, che sono co-portavoce come lui, no?», la hanno sentita denunciare assai accalorata. I più (e soprattutto le più) maliziosi, tra i suoi colleghi, raccontano che ad alimentare i suoi sospetti di boicottaggio non siano tanto le apparizioni tv di Bonelli (peraltro non frequenti) ma quelle di Benedetta Scuderi, portavoce dei giovani dei Verdi, diventata ospite fissa di varie trasmissioni tv, causa risonanza social di alcuni suoi interventi. E che ora sarà candidata alle Europee.
Lotta al patriarcato o Evi contro Eva? Di certo, in tempi di rivolta popolare contro la violenza sulle donne e di denuncia delle prepotenze maschili, che c’è di meglio di una bella accusa di «patriarcato» e «pinkwashing» per assicurarsi qualche indignata comparsata nei talk show, sempre avidi di casi stuzzicanti? Preparate i popcorn.