La giunta militare salita al potere con il golpe del 26 luglio ha dato un vero e proprio colpo di spugna alla legge anti immigrazione. La stessa che, nel 2015, era stata varata dall’allora presidente Mahamadou Issoufou su pressione dell’Unione Europea. La norma prevedeva, tra le altre cose, la condanna per tutti i trafficanti di esseri umani scovati all’interno del Paese e l’arresto per chi forniva supporto logistico alle organizzazioni criminali.
Il nuovo presidente, il golpista Abdourahamane Tchiani, ha abolito la legge. E ora, su ammissione della stessa Commissione europea, si temono gravi conseguenze. Dal Niger passano migliaia di persone dirette verso la confinante Libia, lì dove poi i trafficanti indirizzano i migranti verso l’Italia.
La mossa di Tchiani
La commissaria agli Affari Interni dell’Ue, Ylva Johansson, si è detta molto preoccupata. “Sono molto preoccupata – ha dichiarato nei giorni scorsi – C’è un alto rischio che ci sia una nuova ondata di persone che fuggono nel deserto, fino alla Libia e da lì all’Europa”. Il motivo è chiaro: Tchiani ha eliminato del tutto la legge del 2015. Adesso i trafficanti non sono più perseguibili. Né lo sono coloro che trasferiscono a bordo dei pick up i migranti nelle piste del Sahara, per raggiungere poi il confine libico.
Un’attività quest’ultima molto redditizia prima del 2015: molti, tra coloro che trasportavano i turisti nella regione di Agadez, si erano trasformati in passeur. All’economia basata sulle escursioni lungo le rotte dei tuareg, si era sostituita l’economia sommersa generata dai profitti del macabro traffico di esseri umani. Poi la scure contro trafficanti e passeur, anche se il flusso non era mai stato interrotto. Adesso si teme un vero e proprio via libera a favore dei gruppi criminali: in centinaia sono pronti a riprendere il business e in tanti, da Niamey ad Agadez, sono pronti a pagare migliaia di Dollari pur di provare la traversata del Sahara e arrivare in Libia.
L’offerta del Niger all’Italia
Ma, sottolinea Repubblica, c’è forse una minima speranza per Roma. Sono gli stessi golpisti nigerini infatti a chiedere all’Italia di restare con il proprio contingente, presente nel Paese dal 2017 per addestrare l’esercito proprio contro i trafficanti. Al contrario, ai francesi sono stati dati diversi avvisi di sfratto dalle basi militari, con Parigi che sta ultimando l’abbandono del Niger.
Alla Farnesina sono giorni di calcoli e di analisi. Rimanere nel Niger, vuol dire riconoscere legittimità politica alla giunta golpista. Roma però, in conformità con le scelte di gran parte dei Paesi occidentali, ha condannato il colpo di Stato e ha da subito richiesto la liberazione del deposto presidente Mohamed Bazoum. Accettare l’offerta dei militari, consentirebbe ad ogni modo di accrescere il proprio peso in uno dei Paesi più strategici dell’Africa.
La sponda di Washington
Un assist all’accettazione dell’offerta di Niamey, potrebbe arrivare dagli Stati Uniti. La Casa Bianca, pur avendo condannato il golpe, è comunque rimasta nel Paese e con la giunta militare ha sottoscritto accordi per mantenere le basi da cui partono i droni diretti in Libia e nel Mediterraneo. La permanenza di Washington in Niger e i suoi rapporti con i militari, potrebbero per l’Italia fornire una base piuttosto solida per giustificare un’eventuale prosecuzione della propria missione nel Sahel.
Del resto, la presenza Usa dimostra come il Niger golpista ha ancora bisogno dell’occidente e che la politica estera di Niamey, contrariamente a quanto ipotizzato a luglio, non sarà del tutto orientata verso Russia e Cina. Il sentimento che ha animato i militari autori del colpo di Stato sembra essere unicamente anti francese. La giunta militare vuole chiudere i conti solo con Parigi, la cui presenza è percepita come un ingombrante lascito dell’era coloniale. L’Italia può quindi rimanere e pensare direttamente dal Niger alla difesa dei suoi interessi nel continente africano.