Burocrazia, male insolubile: lavoro minimo, costo enorme

Burocrazia, male insolubile: lavoro minimo, costo enorme

Nel nostro Paese la Pubblica amministrazione è da tempo immemore una forza frenante. Cittadini e imprese ne patiscono gli effetti con un misto di frustrazione e rassegnazione. Tale deficit rappresenta per l’economia reale un problema di vaste proporzioni. Tentativi di invertire la rotta vi sono stati; ma possono essere tranquillamente rubricati alla voce palliativi. Ovvero: difetta uno studio approfondito delle ragioni di questo freno a mano tirato e, di conseguenza, quel che viene attivato risulta monco in partenza. Il problema, infatti, non è nella qualità delle maestranze o nel numero ridotto degli assunti. Tanto che spesso, per motivi che toccano la sfera del consenso elettorale, la politica si esprime sulla delicata materia quasi unicamente invocando nuove assunzioni.

Ho letto quel che il grande liberale Luigi Einaudi affermava nel 1919: «Il lavoro burocratico è pessimamente organizzato, epperciò, sebbene le paghe siano modeste, la resa del lavoro è minima ed il costo enorme; ed opprimenti le imposte che i contribuenti debbono pagare per mantenere un ceto burocratico povero, malcontento, invidioso ed improduttivo. Finché si lascia immutata la organizzazione attuale, bisogna dichiarare che il problema è insolubile». Pensieri formulati oltre cento anni fa, ma che possono essere un monito per il presente. L’impresa Italia mostra il volto corrucciato di un modello aziendale privo di una visione. Sclerotizzato, improduttivo. Un modello malato di statalismo e perciò poco interessato a investire su forme innovative di organizzazione del lavoro. E dunque molto interessato a consolidare rendite di posizione e a svilire il lavoro delle migliori professionalità. Morale: urge attuare una rivoluzione culturale di segno liberale. Per liberare finalmente l’impresa Stato con un modello organizzativo virtuoso, cioè snello ed efficiente.

www.pompeolocatelli.it

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