«Nessuno mi può giudicare, nemmeno tu». Come un disco rotto, l’Associazione nazionale magistrati frigna contro il via libera del governo alle «pagelle dei magistrati», previsto dalla riforma di Marta Cartabia. «Noi non ci scontriamo con nessuno ma la parola pagella è un termine veramente infelice per definire il controllo di professionalità, come se noi fossimo scolari di una scuola. È un sistema macchinoso che depotenzierà la capacità delle valutazioni periodiche di intercettare le vere cadute di professionalità dei magistrati, tutto il resto sono notizie false e infondate», lamenta ai microfoni di SkyTg24 il presidente del sindacato delle toghe Giuseppe Santalucia, contrarissimo persino ai test psico-attitudinali per i magistrati di berlusconiana memoria («sarebbe stato un eccesso dai confini della delega»), stoppati dagli uffici di Via Arenula per tenere il punto sui decreti legislativi. A pensar male si fa peccato, ma quando Santalucia dice che «i magistrati non sono eversori né fanno complotti contro il governo» come le accuse «oggettivamente inquietanti» del ministro della Difesa Guido Crosetto dei giorni scorsi farebbero pensare, fa timidamente capolino il dubbio che la stessa magistratura che «ogni giorno onora il giuramento alla Costituzione» sia affetta dal disturbo della rimozione, meccanismo psichico inconscio di autodifesa contro «desideri, pensieri o esperienze angoscianti per ridurne l’impatto disturbante sulla coscienza», dicono i manuali. Chi ha letto i libri di Luca Palamara o soltanto le recenti dichiarazioni delle toghe più ideologiche, sa di cosa parliamo: sono trent’anni che una parte minoritaria della magistratura tenta di condizionare la vita politica. «La strada maestra è la riforma», sentenzia la Lega.
Eppure il soccorso rosso ai pm è già partito: «Mi pare il governo dei complotti immaginari, dei nemici a tutti i costi, perché deve sempre essere colpa di qualcun altro», è l’affondo della leader Pd Elly Schlein, che ricalca l’idea già strombazzata da uno dei suoi predecessori Pierluigi Bersani («Strana l’idea che i giudici si riuniscano la sera per dare l’ordine di partire…»), ieri alla conferenza stampa insieme alla Schlein. «Se Crosetto ha notizie di reato informi le Procure, dobbiamo difendere la Repubblica, non minarne la credibilità», insiste il dem Francesco Boccia, mentre arriva la notizia che la commissione Antimafia non audirà il ministro della Difesa. «Pagelle e test per i magistrati? Misurare la qualità del lavoro dei giudici è difficilissimo, lasciamo i giudici liberi», sottolinea invece l’ex premier Giuseppe Conte, secondo cui «il rischio eversione aleggia più sul governo che sulla magistratura». Eppure tra il 2017 e il 2021, come scrive ieri il Sole24Ore, sono stati valutati 7.394 magistrati: solo in 24 hanno ricevuto voti non eccellenti. «Serve introdurre un criterio più rigoroso per la valutazione», ricorda il vicepresidente della Camera e parlamentare di Forza Italia, Giorgio Mulè. Favorevole anche il renziano Davide Faraone: «Chi si accinge a fare un mestiere impegnativo come il magistrato, deve essere pronto a manifestare il proprio equilibrio. Non c’è nulla di scandaloso», dice il presidente del gruppo Iv all’Identità.
Anche la vicenda della giudice «svuota Cpr» Iolanda Apostolico rischia di rinfocolare le polemiche tra toghe e politica. «Rendere la giurisprudenza uniforme vuol dire renderla, almeno tendenzialmente, prevedibile», ricorda il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli. «Ho chiesto al Guardasigilli Carlo Nordio con una interrogazione parlamentare se la condotta della giudice fosse conforme alle norme o se, con la partecipazione ad alcune manifestazioni, avesse assunto atteggiamenti di parte – dichiara all’Aria che tira su La7 il capogruppo di Forza Italia al Senato Maurizio Gasparri – l’altra sera Nordio cita l’obbligo di rigore e terzietà». Come dire che la vicenda non finirà qui.