Sarà una Maria di Nazareth “pagana, ladra, selvaggia e femminista”, come la descrive l’Ansa, quella che verrà proiettata al Torino film festival. Una Madonna che non è per niente felice del progetto che Dio ha per Lei e che, quasi provocatoriamente, Gli chiede: “Perché proprio a me?”. Come se non volesse accogliere in Sé il Figlio di Dio. Come se quella gravidanza fosse un peso e non un dono per l’umanità intera.
Il film, intitolato Il Vangelo secondo Maria, prende spunto dall’omonimo testo di Barbara Alberti, la quale, intervistata dall’Ansa, afferma: “Ho scritto questo libro nel 1979 al solo scopo di far sorridere la Madonna. Viene sempre rappresentata come una serva assoluta che per destino dovrà solo piangere e partorire senza conoscere uomo. Insomma, l’indicazione che veniva data alle donne era piangere. Credo che noi donne possiamo essere qualcosa di più di una figurina del dolore“.
Non è questa, però, la Maria di Nazareth raccontata Vangeli, quelli veri, non quelli dell’Alberti. Davanti all’Angelo che le annuncia il progetto di Dio, la Madonna pronuncia infatti il suo “fiat“, il suo sì. Avrebbe potuto dire anche di no, mentre invece accoglie quanto il Signore le aveva proposto. Maria mette in gioco la sua libertà, senza costrizione alcuna, sapendo di trovarsi in una situazione difficile: come avrebbe spiegato a Giuseppe quella gravidanza, visto che non si erano mai conosciuti? E soprattutto: come l’avrebbe presa lui? Eppure Maria accoglie liberamente il proprio destino. Ma non solo.
Non è una figura dolorosa o triste, quella della Madonna. Lo sarà, come è normale che sia, solamente sotto la Croce quando il suo cuore, per il dolore, viene trafitto da sette spade. Il Vangelo di Luca riporta le parole della Maria, che abbiamo imparato a conoscere come Magnificat. Un inno di gioia, in cui la Madre di Dio esulta per il suo Signore “Poiché ha guardato l’umiltà della sua serva /tutte le generazioni ormai mi chiameranno ‘Beata'”. È un grazie, sincero e gioioso, per ciò che le è stato concesso. Il Suo cuore è un tripudio di felicità e di riconoscenza. Il contrario di quello raccontato dall’Alberti.
La figura di Giuseppe, invece, è impersonificata da Alessandro Gassmann, che ha commentato: “Credo fermamente una cosa che sosteneva mio padre, che le donne sono superiori agli uomini e che se fossero state al potere avremmo avuto una società migliore”. Ecco, è questo il punto: il potere. I rapporti tra i sessi non possono essere ridotti a questo. Non dovrebbe essere una questione di potere, ma di alleanza. E quella di Giuseppe e Maria ne è la prova. Il primo avrebbe potuto esser invidioso di lei, avrebbe potuto cercare di metterla in ombra. Ma il falegname non fa nulla di tutto questo. Anzi: sta in silenzio e agisce. È la virilità che si fa carne. Sogna, accoglie le apparizioni degli angeli e fa quello che Dio gli prospetta senza chiedere aiuto alcuno dall’Alto. È collaborativo con Maria. E lei si fida di lui. Sono due, ma sono uno. Anzi tre. Perché uniti da Dio. Ed è forse questo l’unica prospettiva per non schiacciarsi a vicenda in una becera lotta di potere. E pure per reggere di fronte agli imprevisti della vita di coppia.