Brandizzo, due nuovi indagati e perquisizioni a Rfi per la strage ferroviaria

Brandizzo, due nuovi indagati e perquisizioni a Rfi per la strage ferroviaria

A quasi tre mesi di distanza dalla strage ferroviaria di Brandizzo (Torino), che costò la vita a cinque operai che stavano lavorando su quella linea, arriva un’ulteriore svolta nell’inchiesta giudiziaria condotta dalla procura di Ivrea, che coinvolge direttamente Rfi con due nuovi indagati. Su delega della procuratrice capo di Gabriella Viglione, carabinieri del reparto operativo di Torino e agenti della Polfer – insieme a tecnici dello Spresal e delle Asl To1, To4 e To5 – hanno acquisito questa mattina documenti e file informatici. Perquisizioni ci sono state negli uffici di Torino (sia a Lingotto che a Porta Nuova) e a Roma. Per i pm di Ivrea Valentina Bossi e Giulia Nicodemi si tratta di acquisire appalti e le comunicazioni che riguardano i lavori, le eventuali misure di verifica e sicurezza che l’azienda ha adottato.

Le perquisizioni per la strage di Brandizzo

Alle persone subito indagate poco dopo la strage che costò la vita a cinque operai nella notte tra il 30 e 31 agosto (il preposto Rfi Antonio Massa, il capo cantiere Andrea Gibin e i vertici di Sigifer), questa mattina sono stati notificati due nuovi avvisi di garanzia nei confronti di figure che ricoprirebbero ruoli di responsabilità all’interno di Rfi e che sarebbero gerarchicamente superiori al capo scorta Antonio Massa. Subito dopo la strage la procura aveva da subito indirizzato un riflettore sull’operato della società che gestisce la rete ferroviaria, visto che i cinque operai morti stavano lavorando sui binari senza permesso quando furono travolti da un treno merci. E là era presente sul posto il tecnico con il ruolo di scorta di Rfi (Massa, per l’appunto), indagato per primo insieme al caposquadra di Sigifer Andrea Gibin.

Dopo la notizia dell’avviso di garanzia a Massa, Rfi aveva sostenuto che la responsabilità fosse esclusivamente sua. Eppure, in procura a Ivrea, molti testimoni (operai o ex) avevano confermato la tesi della prassi, affermando: “Lavoravamo sempre così. Spesso ci mettevamo sui binari senza l’autorizzazione e l’interruzione di linea“. Inoltre la responsabilità di dare il via ai lavori spetta proprio al tecnico di Rfi presente sul posto. Come, in generale, la prevenzione degli infortuni e tutto ciò che riguarda l’aspetto della sicurezza, è, secondo la procura, di Rfi, visto che i lavori avvengono sui binari, che sono di competenza delle ferrovie.

L’analisi della scatola nera

Gli indagati nell’inchiesta salgono così complessivamente a nove: oltre ai due dirigenti di Rfi, a Gibin e Massa, ci sono infatti anche cinque vertici di Sigifer. Nel frattempo è stata depositata la perizia sulla scatola nera del treno che investì gli operai: dalla relazione sarebbero escluse responsabilità del macchinista che aveva fermato il convoglio a circa 100 metri dall’impatto impiegando 3 secondi nell’azionare il freno. Secondo la relazione per fermare il treno in marcia a 160 chilometri orari quella notte il macchinista avrebbe dovuto impiegare quasi un minuto e il treno avrebbe dovuto fermarsi circa mille e 200 metri prima dell’impatto.

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