Esattamente un mese fa (tra il 27 e 28 ottobre) veniva redatto dalla Commissione Nazionale per la previsione e la prevenzione dei Grandi Rischi – Settore Rischio Vulcanico un verbale di sintesi di sei pagine sul quadro della situazione nella Caldera dei Campi Flegrei sia alla luce delle evidenze degli ultimi mesi ma anche quanto emerso dal costante monitoraggio effettuato con gli strumenti. Il magma, come vedremo, è il principale pericolo per l’area a causa delle numerose evidenze che mettono in luce la sua risalita.
Cause dell’attuale sollevamento
La preoccupazione maggiore è data dalla risalita del magma che è direttamente coinvolto “nell’attuale processo di sollevamento” del suolo: l’analisi dei dati relativi al 2022 indica “una sorgente di profondità di quattro chilometri come la principale responsabile del sollevamento osservato“. In sostanza, quindi, le scosse di terremoto e il conseguente innalzamento di pochi millimetri ogni volta è causato da questa sorgente magmatica. Gli esperti, però, aggiungono che la deformazione deriverebbe anche dal contributo di un’altra sorgente magmatica posta a 7-8 km di profondità come si osserva dal 2015. Ecco perché l’obietto è quello di “estendere l’analisi al 2023 e valutare l’eventuale sincronismo delle due sorgenti di pressione sopra indicate” per capire se è la pressione esercitata da quello più in profondità a deformare il suolo oppure se è il magma che si sta trasferendo “ai piani alti” con il limite dei 4 km.
Cosa succede con i gas
La Commissione ha poi passato in rassegna le possibili cause della fuoriuscita di gas rappresentata dalla classiche fumarole. Secondo il dossier, dal 2021-2022 “il sistema idrotermale sta evolvendo verso condizioni più ossidanti e di alta temperatura” stimata in più di 450°C ovvero “più magmatiche“: anche stavolta, quindi, è il magma l’indiziato numero uno a discapito di un’origine “puramente termale“. L’aumento dell’idrogeno solforato ha mostrato “un contributo aggiuntivo di zolfo che è consistente con un’origine magmatica“: anche le fumarole dei Campi Flegrei, quindi, mostrano chiari segnali che il magma sta lentamente salendo sempre di più.
Le possibili esplosioni freatiche
Iniziamo spiegando che si parla di esplosioni o eruzioni freatiche quando il magma riscalda la terra sottostante o acque in superficie: la Commissione Grandi Rischi ha dedicato un paragrafo nel documento in cui spiega che l’area della Solfatara-Pisciarelli potrebbe essere soggetta a un‘esplosione freatica ma il cui scenario d’impatto va approfondito in poco tempo perché “appare importante promuovere con urgenza una discussione critica sui possibili segnali premonitori di tale attività e sulla capacità dell’attuale sistema di monitoraggio di rilevarli, evidenziando la necessità di eventuali implementazioni“. Tradotto, non c’è più tempo da perdere per un’area che è sì a rischio giallo ma che conta quasi un milione di abitanti.
Il fenomeno del bradisismo
Sul documento si passa poi all’analisi, condotta dal prof. Kilburn dell’University College di Londra e il dott. A.Neri dell’Ingv (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) ai parametri relativi a sismicità e deformazione del suolo ossia del bradisismo, un lento movimento della crosta terrestre che ne determina un innalzamento o un abbassamento. Su quanto accade nei Campi Flegrei, da questo punto di vista, la direzione è abbastanza chiara: “pur seguendo approcci diversi, i due modelli si sono mostrati concordi nell’evidenziare che il processo di fratturazione della costa…possa subire un’ulteriore accelerazione fino al raggiungimento di condizioni definite come ‘critiche’ sulla base di modelli noti in letteratura come Failure Forecast Model“. I rischi, quindi, sono molto grandi e la rottura della crosta superficiale potrebbe avvenire “in un orizzonte temporale compreso tra alcuni mesi e pochi anni“. Gli esperti, con molta chiarezza, spiegano che le evidenze portando a non escludere l’eventualità di forti terremoti, “manifestazioni freatiche e risalita del magma verso la superficie“.
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Considerazioni finali sul monitoraggio
Il quadro complessivo è abbastanza nero: gli esperti spiegano che alla luce dei dati attuali e del possibile coinvolgimento del magma nel bradisismo, la Commissione Grandi Rischi rileva che “non può essere esclusa una rapida progressione verso la risalita di magma in forma di dicco, che possa raggiungere la superficie“. Quando avverrà questo fenomeno sui Campi Flegrei, con precisione, non è dato saperlo: la palla passa adesso all’Ingv-Ov ai quali viene chiesto di capire quanto magma, effettivamente, possa inserirsi tra i 4 km di profondità e la superficie. Anche se il quadro complessivo, come abbiamo visto, non ha una direzione univoca, la Commissione conclude il suo intervento spiegando esprimendo “la preoccupazione che i processi in atto possano evolvere ulteriormente, anche in tempi brevi se confrontati con quelli previsti dalla pianificazione di emergenza vulcanica“. Da questa considerazione finale parte la necessità che siano intensificate ulteriormente prevenzione e monitoraggio preparandosi “all’eventuale necessità di passare rapidamente verso un livello di allerta superiore“.