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È cominciata nella tarda mattinata di oggi la nuova udienza davanti alla Corte d’Assise di Reggio Emilia del processo per l’omicidio di Saman Abbas, la 18enne pakistana uccisa a Novellara la notte tra il 30 aprile e l’1 maggio 2021 per essersi opposta al matrimonio forzato con un parente nel Paese d’origine. L’avvocato Luigi Scarcella, legale di Nomanulaq Nomanulaq, uno dei due cugini accusati del delitto, ha chiesto l’assoluzione per l’assistito: “Ritengo sia un mio dovere esordire con una richiesta: una pronuncia di assoluzione nei confronti del mio assistito per non aver commesso alcuno dei fatti a lui contestati. La mia Discussione si divide in 3 parti: fase delle indagini, istruttoria dibattimentale (fino al 31 luglio), l’altro processo (quello iniziato a settembre 2023“. I cinque imputati – i genitori di Saman, due cugini e uno zio – sono accusati di omicidio in concorso, sequestro di persona e occultamento di cadavere.
“Non ha commesso il fatto”
Secondo l’avvocato Scarcella, Nomanulaq Nomanulaq “deve essere assolto” perché “non ha commesso il fatto“. Durante la sua arringa, il legale ha parlato di un “grave errore tecnico-giuridico” per lo scavo fatto dalla polizia giudiziaria: “È stata distrutta la stratigrafia del terreno, facendo così perdere prove a discarico degli imputati“. Ha detto anche che “il 29 aprile 2021 non fu fatta alcuna buca in cui seppellire Saman“. E ha posto i giudici di fronte a una questione, a suo dire “insuperabile“, sul momento in cui Nomanhulaq, Ijaz e Hasnain furono ripresi con pale e altri attrezzi: “Se tutto fu premeditato, perché si sarebbero fatti riprendere dalle telecamere, manco fossero al cinema?'”.
L’avvocato di Saqib: “Solo bugie”
In aula è presente anche l’avvocato Barbara Iannuccelli, il legale di Saqib Ayub, il fidanzato di Saman. “Fino ad adesso la cosa più incredibile che ho sentito in aula è che Saman ha detto solo bugie, – ha detto all’Adnkronos Iannuccelli commentando l’udienza – perché Saqib insisteva con i documenti e quindi lei mentiva sul fatto che i parenti erano cattivi per prendere tempo. Saman, però, non può difendersi perché é finita sotto due metri di terra col collo spezzato. Povera Saman!“.
Chiesto l’ergastolo per i genitori
Al termine della requisitoria dell’ultima udienza, il procuratore Gaetano Paci e il pm Laura Galli avevano chiesto l‘ergastolo per il padre di Saman, Shabbar Abbas, la madre Nazia Shaheen (ancora latitante), e 30 anni di reclusione per gli altri tre imputati, lo zio Danish Hasnain, i cugini Ikram Ijaz e Nomanoulaq Nomanoulaq. Secondo il pubblico ministero Galli “Shabbar è colui che ha deciso l’omicidio della figlia. Non poteva essere l’esecutore materiale dell’omicidio perché ci volevano almeno due minuti per strozzare Saman e non è mai stato ‘fuori’ dalle telecamere“.
Decisione che il padre della ragazza avrebbe preso in accordo con la moglie: “Erano stati costretti a ucciderla dal momento che rappresentava un disonore per la famiglia“. Quanto al ruolo dello zio, per il pm “Danish è l’esecutore materiale dell’omicidio di Saman visto che senz’altro non avrebbero potuto esserlo gli altri. Senza di lui l’omicidio non si sarebbe mai potuto realizzare. Ha concorso anche alla soppressione del cadavere, non è possibile immaginare che possa averlo lasciato sul viale“.
Il processo e la testimonianza del fratello di Saman
Il processo per l’omicidio di Saman è cominciato lo scorso febbraio. Oltre ai video e alle intercettazioni, decisiva è stata la testimonianza del fratello della giovani, Ali Heider, che si è costituito parte civile. Il ragazzo, all’epoca dei fatti 16enne, ha raccontato che “in casa si tenevano riunioni” con altri parenti per decidere le sorti di Saman. Quanto al delitto, il giovane ha detto di aver “visto tutta la scena“. “Mia sorella camminava, lo zio l’ha presa per il collo con un braccio e l’ha portata nella serra. – sono state le sue parole – C’erano anche i cugini di cui ho visto solo la faccia“. Fondamentali anche le dichiarazioni di Saqib Ayub, l’allora fidanzato di Saman, che nel corso della sua testimonianza ha rivelato che la ragazza temeva per la propria vita e gli aveva dato anche un elenco di numeri da chiamare nel caso in cui le fosse successo qualcosa.