Un’alleanza “globale” che eviti una gestione solo emergenziale del traffico dei migranti e che escluda completamente i trafficanti unendo le forze con trattati bilaterali e Stati terzi. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, nel suo intervento alla Conferenza dell’Alleanza globale contro il traffico di essere umani, traccia la rotta della nuova strategia europea contro l’immigrazione illegale gestita dalle organizzazioni criminali.
L’intenzione di von der Leyen è quella di delineare il nuovo metodo con cui Bruxelles vuole mettere mano al dossier migratorio. Un percorso sistemico e che unisca più forze, in cui un ruolo essenziale sembra averlo avuto il coinvolgimento del governo italiano ma soprattutto il confronto dei vertici dell’Unione europea con l’emergenza a Lampedusa. Una crisi toccata con mano da von der Leyen, che da quella visita ha cominciato a lavorare a stretto contatto con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni per arrivare a una gestione diversa del fenomeno migratorio.
“Ho visto le imbarcazioni inadeguate che i trafficanti mettono a disposizione, causando la morte di tante persone innocenti. Ho visto la situazione disastrosa dei migranti sopravvissuti al pericoloso viaggio, ho visto l’incredibile solidarietà della gente del posto, ma anche la stanchezza dell’ennesima crisi. Da allora, siamo riusciti a migliorare la situazione con un duro lavoro su un piano in dieci punti. Abbiamo unito le forze con l’Italia, le agenzie delle Nazioni Unite e la Tunisia“, ha affermato la presidente della Commissione. E adesso, l’obiettivo dell’Ue è quello di arrivare appunto a un’alleanza che coinvolga diversi Paesi, non solo l’Ue, sul modello di quanto pensato con l’incontro di Tunisi con la controparte nordafricana.
Per l’Europa si tratta di una sfida complessa e non priva di ostacoli. Da un lato c’è la necessità di creare partnership consolidate con i Paesi di transito, quelli appunto che si affacciano sul Mediterraneo, dove però le crisi politiche, la guerra in Libia e le differenze di vedute su alcuni punti chiave degli accordi internazionali pongono dei freni alla condivisione dei programmi. In questo senso, esemplari sono state le difficoltà nella soluzione del nodo tunisino, con l’accordo sullo sblocco dei fondi legato alle riforme non volute dal presidente Kais Saied. Dall’altro lato, non mancano poi gli enormi punti interrogativi legati ai Paesi di partenza, in particolare in quella fascia del Sahel dove le crisi umanitarie, le guerre e gli sconvolgimento economici e geopolitici rendono facile l’inserimento delle reti criminali così come impossibile il controllo delle fragili autorità locali.
Ma la sfida riguarda anche l’Italia, in prima linea proprio su questo frangente. A spiegarlo è stato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che proprio dal forum di Bruxelles sulla alleanza globale contro il traffico di migranti ha ricordato che l’Italia “continuerà a giocare un ruolo da protagonista, come avamposto dell’Europa, per far tornare il Mediterraneo un luogo sicuro, in cui non ci sia più spazio per trafficanti senza scrupoli“. L’obiettivo è quello di consolidare il memorandum d’intesa con la Tunisia e applicarlo anche ad altri partner. Per Piantedosi “un modello efficace, con benefici reciproci tra le parti“. Obiettivo essenziale per l’agenda estera del governo Meloni e che sembra ora pienamente inserito anche nei piani dell’Unione europea.