Alle transfemministe non è bastato assaltare la sede di Pro Vita durante la manifestazione contro la violenza sulle donne, non è stato sufficiente non chiedere scusa ma addirittura è arrivata una rivendicazione ufficiale per quanto accaduto.
Sui profili social di «Non una di meno» è stato pubblicato un post che rivendica i risultati raggiunti con la manifestazione del 25 novembre tra cui aver «sanzionato la sede di ProVita&Famiglia, espressione del patriarcato becero e anti-scelta. Sui nostri corpi scegliamo noi! In Italia l’accesso all’aborto continua a essere ostacolato e negato».
Evidentemente per le transfemministe «sanzionare» significa assaltare, rompere le vetrine e cercare di distruggere la sede di un’associazione al cui interno è stato addirittura trovato un ordigno esplosivo realizzato con polvere da sparo e una miccia disinnescato dagli artificieri.
Come spiegano al Giornale Maria Rachele Ruiu e Jacopo Coghe, rispettivamente referente nazionale e portavoce di Pro Vita: «Quello che chiamano sanzionamento, cioè l’atto violento che hanno compiuto nei nostri confronti, fa emergere la necessità che le parti politiche, soprattutto coloro come la Schlein e Gualtieri che hanno sponsorizzato le organizzatrici, devono prendere le distanze da queste persone che hanno offeso la memoria di Giulia e tutte le persone che volevano manifestare pacificamente».
Un clima da Anni di piombo e, se c’è chi parla di «infiltrati» alla manifestazione, di certo il linguaggio truce da Brigate Rosse usato nei post di Non una di meno è significativo, così come le parole usate contro la polizia colpevole solo di aver fatto il proprio lavoro impedendo conseguenze ben più gravi nei confronti della sede di Pro Vita: «qui, la polizia che in questi giorni ha dato spettacolo con post e dichiarazioni in supporto alle donne e contro la violenza di genere, ha picchiato le manifestanti, una delle quali è ancora in ospedale per accertamenti. Vi terremo aggiornate ci stringiamo accanto a chi ha manifestato il suo dissenso di fronte alla sede di una organizzazione misogina come Provita e famiglia e per questo è stata picchiata».
Il capogruppo di Fdi al Senato Lucio Malan non usa giri di parole per commentare le frasi di Non una di meno: «Questo è terrorismo dichiarato».
Come se già non bastasse questo capovolgimento della realtà, il tenore dei commenti dei sostenitori e delle sostenitrici del movimento transfemminista oscilla tra posizioni che nel migliore dei casi cercano di sminuire l’assalto a Pro Vita a chi si lascia andare a commenti giustificazionisti fino a chi appoggia apertamente quanto avvenuto.
Così, alla notizia del ritrovamento dell’ordigno nella sede del movimento pro life, in un primo momento si è provato a negarne l’esistenza poi, non potendo più sostenere questa tesi, si è passati alla teoria del complotto puntando il dito contro «una manina interna» come se ad aver piazzato l’ordigno fossero stati gli stessi attivisti di Pro Vita.
Nelle ultime settimane le transfemministe ci hanno abituato a una totale assenza di onestà intellettuale ma che addirittura si arrivasse a rivendicare un assalto con ordigno esplosivo, va al di là di ogni possibile immaginazione e testimonia la deriva radicale di chi dice di battersi contro la violenza ma nei fatti la promuove.