Il Belgio vive di nuovo l’incubo del terrorismo. A Bruxelles e nel Brabante-Vallonia, 27 scuole sono rimaste chiuse lunedì 27 novembre a seguito di un allarme bomba arrivato domenica sera. Nella lista degli istituti non figurano scuole ebraiche, il che sembra allontanare le ipotesi di un atto antisemita, ma le indagini e le ispezioni della polizia sono ancora in corso, “in pieno rispetto del principio di precauzione”.
“Non dobbiamo farci prendere dal panico”, ha dichiarato la responsabile della comunicazione della rete scolastica Vallonia-Bruxelles Cécile Marquette. “Molte scuole sono state colpite da allarmi simili nelle ultime settimane. Gli istituti rimarranno chiusi tutto il giorno, ma dovrebbero riaprire martedì”.
Nonostante le rassicurazioni delle autorità, è ormai difficile non vedere il Paese nordeuropeo come una polveriera pronta ad incendiarsi da un momento all’altro. Nella sua capitale, infatti, è ancora vivo il ricordo dell’attentato del 16 ottobre, durante il quale il tunisino Abdesalem Lassoued ha assassinato due cittadini svedesi a colpi di kalashnikov e ha potuto girare indisturbato per le strade della città fino al mattino successivo, quando è stato ucciso in uno scontro a fuoco con la polizia. L’evento non ha solo esposto tutte le falle nel sistema di sicurezza del Belgio, ma ha anche messo in luce il fallimento del suo modello di accoglienza e multiculturalismo.
A Bruxelles, infatti, vi sono ormai vere e proprie città nelle città, ghetti abitati principalmente da immigrati e con una concentrazione di musulmani superiore alla media nazionale. I due quartieri più a rischio sono Molenbeek, da cui provenivano gli attentatori del Bataclan (2015), e Schaerbeek, luogo di residenza di Abdesalem, vere e proprie culle di jihadisti dove il controllo delle autorità nazionali è poco presente o nullo. Ne è una dimostrazione la presenza di palazzine occupate dove vivono migliaia di migranti irregolari, di cui non si conosce l’identità. La situazione è ulteriormente aggravata dal fatto che le forze di polizia belghe sono cronicamente a corto di personale, sottopagate e sempre sotto l’occhio attento dei media per presunti episodi di razzismo.
L’allarme terrorismo è scattato nel Paese anche il 25 ottobre, dopo che un cittadino palestinese di 23 anni aveva dichiarato la sua intenzione di “morire come un martire facendosi esplodere” ad un ufficio per l’accoglienza dei richiedenti asilo, dopo aver saputo che tutta la sua famiglia era morta a Gaza. Il giovane è stato arrestato a Anderlecht prima che potesse portare a compimento i suoi propositi, anche in questo caso dopo ore di latitanza.