Nel Dizionario politico minimo di Luciano Canfora (a cura di Antonio di Siena per i tipi della Fazi) ci sono alcuni spunti interessanti. Il filologo «comunista senza partito», recentemente salito agli onori della cronaca per gli insulti rivolti a Giorgia Meloni e per la querela che si è beccato, ha voluto con Antonio di Siena mettere insieme alcuni dei concetti fondamentali della politica per combattere l’«analfabetismo politico» che ci caratterizza. Almeno, a leggere, ciò che ha scritto il suo prefattore.
È sempre interessante conoscere il punto di vista di chi in modo, anche brillante, rivendica la propria storia e le proprie radici.
Per Canfora il «capitalismo resta la negazione della democrazia». Il populismo, persino quello dei nostri grillini, in un certo senso è un fenomeno da riconsiderare e da non sottovalutare con le categorie sciatte del giornalismo contemporaneo, che lo usano come una clava per dare addosso all’avversario. Il «politicamente corretto» per il nostro è «stupidità universale» che finirà, in America, nel rendere «la biografia di Biden l’unico argomento di Storia, e per di più piuttosto facile». E quei progressisti che ritengono questa sia una forma di progressismo, risultano per Canfora degli «ignoranti pericolosi». A leggere queste frasi viene da dire con Giovanni Sallusti e il suo ultimo libro, che tocca rimpiangere i comunisti di una volta.
Come poche rubriche fa avevamo scritto, anche il principio di libertà e quello di democrazia non sono di facile combinazione. I liberali lo sanno grazie ad Hayek, che con forza ha ribadito la primazia della prima sulla seconda.
Una procedura tecnica e parlamentare che rispetti le regole democratiche, che pure sono state votate da una maggioranza della popolazione, non necessariamente produce norme liberali. Per i liberali di formazione austriaca, la libertà è il palo intorno al quale dovrebbe girare la lap dance della democrazia.
Canfora ricorda come storicamente, sin dal pensiero antico, i due vocaboli siano in antitesi. Tocqueville associa al termine di democrazia quello di uguaglianza, allargando così lo spettro del confronto.
Si deve dunque trovare un compromesso, scrive Canfora, «un equilibrio, con concessioni ad entrambe le parti».
È questo è il ruolo della politica.
Ecco, se fosse davvero questo il campo di scontro degli avversari politici saremmo a buon punto. Oggi sembra tutto molto più confuso. Dove finisce la passione per la libertà della destra? E dove inizia quella della sinistra? Se i termini del confronto non sono chiari, ancor di meno lo è il dibattito politico.