Un anno fa l’omicidio di Giulia, in Aula parla Impagnatiello: “L’ho uccisa e ho nascosto il corpo”

Un anno fa l'omicidio di Giulia Tramontano, in Aula parla Impagnatiello: "L'ho uccisa e ho nascosto il corpo"

Un anno fa Giulia Tramontano, che aspettava un bambino e che era al suo settimo mese di gravidanza, veniva uccisa nell’appartamento in cui viveva insieme al compagno Alessandro Impagnatiello. E oggi, nell’anniversario dal delitto, sta parlando in aula, interrogato, il barista 30enne che l’ha accoltellata a morte con 37 fendenti per poi tentare di bruciare il corpo e nasconderlo fino a quando non è stato ritrovato, nella notte tra il 31 maggio e l’1 giugno del 2023. Mentre parla, la madre di Giulia, Loredana, tiene gli occhi bassi sulla foto della figlia che ha portato in aula e che tiene sul banco dove è seduta. In aula ci sono molti familiari di Giulia, ma non il padre che ha preferito non partecipare all’udienza. Anche la sorella, Chiara Tramontano, è uscita quando ha iniziato a parlare l’imputato. “La persona che ero in quel periodo, non è la stessa che sono oggi. Questo processo mi sta aiutando a mettere insieme dei tasselli che erano confusi nella mia testa, oggi sono cambiato“, le sue prime parole in aula. “Oggi voglio esprimere la verità, posto che oggi sono una persona lucida, più consapevole rispetto a quello che ero“. Ha anche aggiunto: “A Giulia non ho mai fatto credere di essere pazza. Avevo costruito un castello di bugie in cui io stesso sono annegato“.

Impagnatiello ha raccontato tutti gli ultimi momenti del giorno del delitto, dopo che Giulia aveva incontrato l’altra ragazza con cui il barista aveva una relazione. “Giulia entrò in casa – ha detto in aula – e ci fu un clima anonimo, distaccato, intrattenemmo una conversazione molto breve, senza toni accesi. In quel momento lì non potevo trovare alcuna giustificazione, cercai di affrontare il discorso con Giulia esprimendo la mia totale vergogna su ciò che era accaduto“. Il barista ha provato a giustificare il gesto di ucciderla con un atto di disperazione. “Giulia – sono state le sue parole – era la donna della mia vita, e quel bambino era anche mio. Lei se ne sarebbe andata a Napoli e io di quel bambino non avrei avuto notizie, non avrei saputo se fosse stato alto o basso. Confermarmi che la relazione tra noi era terminata e che quel bambino non avrei mai avuto modo di conoscerlo, ha definitivamente distrutto ogni appiglio a cui potevo aggrapparmi per potere continuare la relazione con Giulia“. E ancora: “Lei mi disse che non l’avrei mai visto, allora andai in doccia per ripulirmi da quella realtà. Distruzione sul posto di lavoro, distruzione con Giulia, distruzione per non vedere crescere quel bambino“.

L’imputato ha detto di non sapere quante coltellate ha inferto, ha parlato di “azioni ipnotiche” e di ricordarne solo una e di avere appreso di averla colpita 37 volte solo da un servizio giornalistico alla televisione. Ecco la dinamica del delitto, raccontata da Impagnatiello. “Giulia stava cucinando per sé, si è tagliata con un coltello da cucina e quindi le ho chiesto cosa si fosse fatta, ma non mi ha risposto. Mi ha trattato come se non esistessi, era ciò che lei provava in quel momento, ero totalmente invisibile ai suoi occhi e fu lì che mentre lei era abbassata, con in mano un sacchetto in cui stava cercando dei cerotti” ha deciso di ucciderla. “Io ero in piedi. A un certo punto mi sono mosso, sono andato verso la cucina e ho preso il coltello con cui lei stava preparando le verdure. Poi mi sono posizionato immobile alle sue spalle in attesa che si rialzasse. Quando si è alzata per andare in cucina l’ho colpita “. Alla domanda della pm Alessia Menegazzo, su dove l’avesse colpita, Impagnatiello ha fatto una lunga pausa, poi ha detto: “All’altezza del collo”. Ha spiegato che Giulia non è riuscita a difendersi: “Non ce n’è stata occasione, no, non si è difesa“.

Sulla fase dell’occultamento del corpo, Impagnatiello ha ammesso di avere spostato Giulia dall’appartamento al box. “Una minuscola parte di me – ha detto in aula – cercava di essere vista da qualcuno mentre spostavo il corpo, era come se volessi che un vicino di casa mi notasse, rientrasse qualcuno, come se volessi che qualcuno mi scoprisse, chiamasse la polizia e interrompesse tutto”.

All’inizio dell’udienza ha preso la parola Giulio Buttarelli, della squadra omicidi del comando provinciale di Milano, che ha condotto l’inchiesta sul delitto coordinata dalla pm Alessia Menegazzo e dall’aggiunta Maria Letizia Mannella. Dalle ricerche sul telefono e dall’incrocio dei dati con l’analisi delle telecamere, è emerso che Impagnatiello, dopo avere ucciso Giulia Tramontano si è recato sotto casa dell’altra ragazza con cui aveva una relazione. E lì si è messo a fare varie ricerche, tra cui i risultati della partita Atalanta-Inter che si era giocata quella sera.

Buttarelli ha parlato delle ricerche web di Impagnatiello. “Il 9 dicembre in chat Giulia si lamenta con la mamma che l’acqua che aveva comprato aveva un forte odore di ammoniaca. Di questo rende partecipe anche la suocera, la madre di Impagnatiello”. L’investigatore ha poi spiegato che nel cellulare del barista sono state ritrovate delle chat cancellate, in cui non c’è la frase completa (appunto perché è stata cancellata) compare la parola “ammoniaca”. Tra le ricerche “cloroformio fazzoletto”, “cloroformio addormentare”, “cloroformio sapore”. E anche ricerche non datate, perché più risalenti, come “veleno per topi incinta”, “veleno per topi gravidanza”, “ammoniaca feto”, “avvelenamento feto” e la frase “quanto veleno per topi è necessario per uccidere una persona”.

Sui social il messaggio della sorella di Giulia, Chiara Tramontano, che ha ripostato una poesia di Eugenio Montale da lei pubblicata nel 2015 e oggi accompagnata dal messaggio: “Tutto ciò che é seguito e seguirà é lo splendido inganno della vita: Vivi, seppur morti dentro ( In piedi, seppur piegati in due). Liberi, seppur intrappolati dal dolore. Vicini, seppur distanti per sempre. Insieme, ma eternamente soli. É così che immagino la mia esistenza da quel giorno: antitesi di tutto e percezione del nulla, perché tutto quel che chiamo vita é scandito dal ricordo della the morte. Ho racchiuso tutta la mia vita in quel nodo e riallaccio tuttii giorni i fili che lo compongono per renderlo più forte.

M’immagino che anche tu stia tirando quel filo, che lo stia stringendo da qualche parte, dove ho smesso di vederti, ma continuo a sentirti”. E infine, scrive Chiara, nel messaggio che oggi accompagna la poesia: “Stringi, tira, accorcia i fili Giulia, che questo è il nodo che mi salva e mi uccide tutti i giorni”.

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