Le vite degli altri, il film che racconta i controlli imposti ai cittadini della Germania comunista è ancora realtà. E anche se ha cambiato latitudine l’ambientazione resta quella del comunismo. Un comunismo ancor più pericoloso visto che parliamo di quello iper-tecnologico e oppressivo sviluppato dal «grande fratello» cinese.
Un «grande fratello» manovrato da un presidente Xi Jinping che dopo aver iscritto il proprio nome nella Costituzione accanto a quello di Mao auspica metodi di controllo dei cittadini ancor più severi e rigorosi di quelli introdotti dal «grande timoniere». Modelli che, come rivela il New York Times, prevedono la capillare sorveglianza di quartieri e condomini grazie al reclutamento di inquilini, preferibilmente pensionati, incaricati di schedare i vicini.
O l’assunzione nelle aziende private di «addetti alla sicurezza» imposti dalle autorità governative. Ma a differenza della Germania comunista in Cina il controllo delle «vite degli altri» non è un segreto bensì un modello che viene pubblicizzato con il nome di «Fengqiao». Nelle parole di Xi Jinping quel modello è «l’esperienza per una nuova vita» capace di garantire sicurezza ai cittadini. Ma per capire quanto sia minaccioso basta ricordarne le origini. Il modello Fengquiao s’ispira, infatti, alla storia e al nome di un piccolo villaggio dove, negli anni 60, il partito, preoccupato dalla scarsa fedeltà ideologica dei residenti introduce l’emarginazione dei disobbedienti imponendo il divieto di lavorare o persino sposarsi.
Riproposto nel 2013 per contenere episodi di violenza e delinquenza locale il «sistema Fengquiao» diventa dottrina con il Covid quando per bloccare i cittadini in casa vengono introdotti controlli basati sulle telecamere a controllo facciale e sulla disponibilità di «pensionati» incaricati di riferire alla polizia i comportamenti politicamente o socialmente devianti. Oggi il sistema viene persino illustrato da un video governativo in cui si vede un ufficiale di polizia impegnato a classificare l’«affidabilità» politica e sociale dei singoli appartamenti di un condominio. In verde quelli abitati da inquilini «fidati», in giallo quelli a cui bisogna prestare «attenzione» e in arancione quelli che richiedono «stretto controllo». Controllo effettuato, mostra il filmato, grazie ai colloqui dell’agente con gli «informatori» di palazzo pronti a riferire stranezze e irregolarità.
Il sistema sperimentato quando si trattò di reprimere le proteste per le norme anti-Covid è stato allargato e potenziato alla fine dell’epidemia.
Oggi, stando a quanto rivela Minxin Pei, un docente universitario americano autore di un libro sulla «sorveglianza di stato» in Cina, l’apparato statale disporrebbe di almeno 15milioni di «sorveglianti» sparsi tra palazzi e luoghi di lavoro.
Un vero e proprio esercito di nuovi ufficiali politici che – come
raccomandano le direttive di partito circolate ad aprile – richiede un severo addestramento ideologico e un rigoroso sistema di punizioni e ricompense. Perché solo così le «vite degli altri» non sfuggiranno al controllo del partito.