Ennesimo attacco dimostrativo di Ultima generazione contro obiettivi istituzionali, questa mattina, a Roma, dove un gruppo del collettivo ha effettuato un blitz contro il ministero del Lavoro e delle politiche sociali, spruzzando liquido nero contro la facciata del palazzo. I vandali sono stati fermati dalla polizia ma a essere fermati sono stati anche tre giornalisti, che si trovavano sul posto per registrare l’azione del gruppo ambientalista. Si tratta di Roberto Di Matteo, videomaker freelance fermato insieme a Massimo Barsoum del Corriere della sera e Angela Nittoli, de Il Fatto quotidiano.
I tre erano accompagnati da due attivisti e mentre stavano andando a seguire l’azione di Ultima generazione sono stati fermati dalla polizia per l’identificazione. A fronte della presentazione dei documenti e dei tesserini, i tre sono comunque stati accompagnati in questura per la verifica dell’identità. Lì, poi, sono stati fatti attendere all’interno di una cella, la cui porta è comunque rimasta aperta durante tutta la permanenza dei giornalisti all’interno della questura.
Immediata è scattata la protesta della Fnsi, la Federazione Nazionale della Stampa, e dell’Odg, l’Ordine dei giornalisti, che in due note diverse affermano la stessa perplessità per il modus operandi. “Lo scorso 10 maggio siamo stati ricevuti dal Ministro dell’Interno Piantedosi che ci ha dato ampia assicurazione sulla tutela dei giornalisti nello svolgimento del loro lavoro nel pieno rispetto del diritto di cronaca“, spiega il presidente nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Carlo Bartoli. “Lo ribadiamo con fermezza: i giornalisti regolarmente iscritti all’Ordine e muniti di tessera professionale hanno non solo il diritto, ma il dovere di seguire i fatti di cronaca e il loro lavoro non può essere interrotto senza validi e fondati motivi dalle Forze dell’Ordine. Non vorremmo che il fermo dei cronisti diventi una prassi. È incostituzionale e lesivo della libertà di stampa“, dice ancora Bartoli.
A Fnsi e Odg si sono accodati alcuni esponenti dei partiti di opposizione, il Cdr del Corriere della sera e il sindacato Unirai, oltre che la Stampa Romana, che ha definito questo un “episodio gravissimo, indegno di un Paese democratico e assai preoccupante su cui deve essere fatta immediata chiarezza“. Immancabile, successivamente, la strumentalizzazione di Ultima generazione, che definisce l’identificazione come “atto intimidatorio che dipinge la caduta di un pilastro fondamentale della nostra democrazia: la libertà di stampa“. E, concludono, “è fondamentale più che mai alzare la voce, perché questo riguarda tutti noi. Venite il 25 maggio in Piazza Barberini a Roma“
Con una nota diffusa dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza, viene fatto sapere che “A Roma e nel resto del territorio nazionale non è mai stata data una direttiva operativa che preveda l’identificazione di giornalisti e operatori dell’informazione in occasione di manifestazioni pubbliche. Singoli episodi che hanno portato all’identificazione sono avvenuti in contesti dove la qualifica di giornalista non era stata dichiarata o dimostrata. Trattasi in ogni caso di circostanze che non sono riconducibili a nuove modalità operative“.
La Questura di Roma aggiunge: “All’esito di una verifica sulle identificazioni effettuate questo pomeriggio nei pressi di via Flavia, il personale intervenuto ha relazionato che i soggetti sul posto non hanno dichiarato o dimostrato di essere giornalisti. Hanno esibito delle carte di identità che sono state registrate nella relazione di servizio“.
Quindi, sottolinea che “nello stesso momento, nella zona di Via Veneto dove era in corso un imbrattamento, altri appartenenti all’ordine dei giornalisti, dopo aver esibito il tesserino professionale, hanno continuato a fare regolarmente il proprio lavoro, senza esser sottoposti ad alcun ulteriore controllo“.