“Netanyahu come Sinwar”. L’Aia ora vuole arrestarli

"Netanyahu come Sinwar". L'Aia ora vuole arrestarli

Una prima assoluta per un leader democratico. Benjamin Netanyahu considerato alla stregua dei capi di Hamas, del capo del Cremlino Vladimir Putin, del leader libico Muammar Gheddafi e del signore della guerra ugandese Joseph Kony. Il procuratore capo della Corte penale internazionale (Cpi o Icc in inglese), Karim Khan, ha annunciato di aver chiesto alla Camera preliminare del tribunale di emettere mandati d’arresto per crimini di guerra e contro l’umanità nei confronti del primo ministro israeliano, del suo ministro della Difesa Yoav Gallant e contemporaneamente contro i tre leader di Hamas: il capo del gruppo estremista nella Striscia di Gaza, Yahya Sinwar, il comandante dell’ala militare Mohammed Deif e il leader politico del movimento Ismail Haniyeh, che vive in esilio in Qatar, accusati di sterminio, presa di ostaggi, stupro e tortura. Al centro della richiesta c’è il massacro del 7 ottobre in Israele e la guerra a Gaza che ne è seguita . Curiosamente, nella dichiarazione del procuratore, si parla di «prove raccolte ed esaminate» per la situazione «nello Stato di Palestina», in un contesto di «guerra internazionale fra Israele e la Palestina» oltre che «non-internazionale fra Israele e Hamas».

È un avvenimento storico, «oltraggioso» secondo il presidente d’Israele Isaac Herzog, perché Netanyahu è il primo leader di un Paese democratico nel mirino della Corte dell’Aia che – a differenza dell’altro tribunale con sede nella città olandese, la Corte internazionale di Giustizia (Cig), dove pure lo Stato d’Israele è alla sbarra per «genocidio» – si concentra sulla responsabilità penale degli individui responsabili di gravi crimini internazionali previsti dallo Statuto di Roma del ’98, in vigore dal 2002. Netanyahu e Gallant sono accusati di sterminio, di aver causato la fame come metodo di guerra, di aver negato gli aiuti umanitari e di aver deliberatamente preso di mira i civili. Stavolta la Cpi si è mossa molto più velocemente rispetto ai suoi standard, più in fretta che nel caso Ucraina, quando ci mise un anno per il mandato d’arresto a Putin. Stavolta sette mesi. Ce ne vorranno due perché il caso venga valutato da una commissione di tre giudici. Tra i consulenti della Corte c’è Amal Clooney, dal 2014 moglie della star del cinema George e avvocata per i diritti umani che battaglia contro dittatori e ha difeso le vittime dell’Isis. Né Israele, né gli Usa (come Russia e Cina) riconoscono la Corte, che ha giurisdizione nella Striscia dopo che l’Anp vi ha aderito. Se scattasse il mandato di arresto, Netanyahu e Gallant potrebbero viaggiare negli Usa senza rischiare l’arresto, ma finire in manette in tutti i 124 Paesi che riconoscono la Cpi.

L’annuncio del procuratore ha scatenato la durissima reazione di Israele, ricompattando i membri del governo, di recente in scontro sul futuro post-bellico a Gaza, e rinsaldando l’asse Usa-Israele. La decisione ha anche alimentato le proteste degli israeliani che vogliono l’uscita di scena del premier e che, in migliaia, si sono radunati davanti alla Knesset, definendo Netanyahu «un pericolo per l’esistenza di Israele». Il primo ministro ha denunciato un «oltraggio di proporzioni storiche», che «getterà benzina sull’antisemitismo», e ha respinto «con disgusto» il paragone con Hamas, come il leader di opposizione Lapid. Di richiesta «oltraggiosa» ha parlato anche il presidente Usa Joe Biden, ricordando che «non c’è equivalenza fra Israele e Hamas». Benny Gantz, membro del Gabinetto di guerra israeliano e candidato a succedere a «Bibi», è convinto che si tratti di «un crimine storico». Il ministro degli Esteri Katz ha annunciato una commissione contro la decisione, «attacco frontale alle vittime del 7 ottobre».

Per ragioni identiche e opposte, anche il gruppo estremista ha rigettato la decisione, che «equipara la vittima al carnefice» e «incoraggerà la continuazione della guerra di sterminio».

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