L’Aja contro Netanyahu, Gallant e Hamas: cosa succede adesso

La Corte Penale Internazionale contro Netanyahu, Gallant e Hamas: cosa succede adesso

Un colpo di scena di portata storica nella narrazione del conflitto in Medio Oriente. La Corte penale internazionale dell’Aja ha decretato che venga emesso un mandato di arresto per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il suo ministro della Difesa Yoav Gallant e tre leader di Hamas: Yahya Sinwar, Mohammad Deif e Ismail Haniyeh con l’accusa di crimini di guerra.

I crimini commessi secondo la Corte Penale Internazionale

Il procuratore Karim Khan ha specificato che i due ministri israeliani sono sospettati di “aver causato lo sterminio, usato la fame come metodo di guerra, compresa la negazione di forniture di aiuti umanitari, e di aver deliberatamente preso di mira i civili durante il conflitto“, mentre i vertici del gruppo palestinese sono accusati di “sterminio, omicidio, presa di ostaggi, stupro e violenza sessuale durante la detenzione“. Nello stesso provvedimento, dunque, finiscono i protagonisti principali del conflitto fra Israele e Hamas, senza alcuna distinzione di sorta.

Le due controparti hanno respinto con forza la richiesta del procuratore, bollata come “uno scandalo” da Netanyahu che, ha precisato, “non fermerà né me, né noi“. Compatta la leadership di Tel Aviv nel condannare la posizione del pubblico ministero, considerata “un crimine storico” dal ministro Benny Gantz. Israele non riconosce la giurisdizione della Corte, così come non ne sono membri Stati Uniti, Cina e Russia. Proteste si sono levate anche tra le fila di Hamas che ha fatto domanda per l’annullamento della richiesta dei mandati di arresto, accusando la Corte dell’Aja di “equiparare la vittima al carnefice” e “di incoraggiare la continuazione della guerra di sterminio“. Il rifiuto della decisione da parte di Hamas è arrivato al livello tale da dichiarare che le misure contro Netanyahu e Gallant sono arrivate “sette mesi troppo tardi” e sono poco significative, visto che non includono “tutti i funzionari israeliani che hanno dato ordini e i soldati che hanno commesso crimini“.

Le conseguenze della decisione della Corte penale internaizonale

Cosa potrebbe accadere ora? Secondo numerosi esperti di diritto nazionale, la conseguenza prima di questi mandati-soprattutto nel caso di Israele- sarà quella di agire come un divieto di viaggio. Espone, infatti, Netanyahu e gli altri funzionari israeliani al rischio di arresto in numerosi Paesi, compresa l’Europa, l’America latina, Canada Giappone AUstralia e buona parte dell’Africa subsahariana. Questo equivarrebbe a tagliare le gambe alla diplomazia israeliana e ai suoi legami politici, costringendo il primo ministro a governare esclusivamente dal proprio scranno. Ma è soprattutto il pubblico ludibrio l’effetto principale che il provvedimento vuole scatenare: con il fantasma di Norimberga sempre alle spalle, ora si mette Netanyahu sullo stesso piano di Vladimir Putin. Forse un tentativo di spingere verso la tregua che non è giunta via diplomazia? Meno probabile ma possibile. Per Hamas potrebber cambiar poco: l’organizzazione è abituata alla clandestinità, e si muove tra lporti sicuri in Russia, Cina, Iran e Qatar, tutti Stati che non hanno aderito allo Statuto di Roma.

Dal lato di Hamas, fare delle valutazioni è più complesso. La Corte, al di là delle prove fattuali, forse ha voluto smorzare i facili entusiasmi di fronte ai provvedimento contro Israele, ribadendo la gravità della propria scia di sangue. Sta di fatto che, se Israele è nel ristretto gruppo di Paesi tra i quali però spiccano tre membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu (Stati Uniti, Cina e Russia) a garantire, invece, la giurisdizione nella Striscia di Gaza è il fatto che l’Anp, riconosciuta a livello internazionale, ha aderito alla Corte nel 2015, quando l’ambasciatore palestinese all’Onu, Riyad Mansour, depositò all’ufficio legale dell’Onu i documenti per accedere a 14 convenzioni e trattati, tra i quali appunto lo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale. Quindi la Corte ha piena giurisdizione sui territori palestinesi, i suoi attori, e su i presunti crimini commessi da Hamas in Israele.

I precedenti simili per la Corte Penale Internazionale

La decisione sull’emissione di un mandato spetta alla camera preliminare della corte penale internazionale, che potrebbe impiegare diversi mesi per prendere una decisione. Soltanto una richiesta di mandato di dominio pubblico è stata in precedenza respinta da questa Camera, il che suggerisce che probabilmente le accuse verranno portate avanti. Gli Stati della Corte penale internazionale hanno spesso scelto di non arrestare i leader accusati per una questione di opportunità politica, spesso giustificata da una speciale immunità diplomatica. Fu il caso questo dell’ex leader del Sudan Omar al-Bashir, che viaggiò liberamente in Sudafrica e Giordania mentre prestava servizio come presidente, nonostante un mandato in sospeso.

Nel 2019 una Corte d’appello della corte penale internazionale si pronunciò contro questa tendenza alla dottrina dell’immunità, rendendo più difficile giustificare qualsiasi tentativo di evitare l’arresto di personaggi come Netanyahu o i leader di Hamas.

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