Elezioni, il successore calato dall’alto e il ruolo di Khamenei: le ipotesi per il dopo-Raisi

Elezioni, il successore calato dall'alto e il ruolo di Khamenei: le ipotesi per il dopo-Raisi

Sono ore al cardiopalma dentro e fuori l’Iran. Cosa è accaduto davvero al velivolo del presidente Raisi? Ma soprattutto, dov’è Raisi?

Mentre prosegue, e proseguirà tutta la notte, la giostra delle ipotesi e delle notizie diffuse da amici e nemici di Teheran, la Repubblica Islamica deve fare i conti con la più agghiacciante delle ipotesi: ovvero la morte del suo presidente. Un uomo che non solo “presiede”, ma che è candidato in pectore a essere il successore della guida suprema della Repubblica: l’ayatollah Khamenei.

Raisi, 63 anni, è considerato un ultraconservatore ed è stato il candidato appoggiato dalla Guida Suprema nelle presidenziali del 2021, quando ai rivali principali fu impedito di candidarsi. Con la presidenza di Raisi, tutti i rami del potere in Iran sono finiti sotto il controllo delle fazioni estremiste anti-occidentali, fedeli a Khamenei, e si è intensificata la repressione del dissenso.

Cose succederebbe se Raisi fosse morto

Stando alla gerarchia politica iraniana, il capo dello Stato è la Guida suprema Ali Khamenei e il presidente è considerato il capo del governo, il secondo in comando. Per capire cosa accadrebbe alla notizia della morte di Raisi è necessario guardare alla Costituzione iraniana. Raisi è stato eletto presidente nel 2021 e le prossime elezioni sono, al momento, previste nel 2025. In caso di morte, il suo ruolo verrebbe assunto nell’immediato dal primo vicepresidente esecutivo, Mohammad Mokhber. Questo è quanto prevede l’articolo 131 della Costituzione della Repubblica Islamica. Mokhber è l’uomo che oggi pomeriggio ha presieduto la riunione d’emergenza del governo iraniano per fare il punto dopo l’incidente, saggiando il suo probabile futuro.

La nomina dovrebbe essere comunque confermata dalla Guida Suprema, ovvero Khamenei, che ha l’ultima parola su tutte le questioni di Stato. Confermata un’autorità provvisoria, un Consiglio composto dal primo vicepresidente, dal presidente della Camera, Mohammad Bagher Ghalibaf, e dal capo della magistratura, Gholam-Hossein Mohseni-Ejei, avrà il compito di organizzare l’elezione di un nuovo presidente entro il termine massimo di 50 giorni.

Il vice presidente dell’Iran è il primo nella linea di potere dopo Raisi. A differenza di altri paesi, la prima vicepresidenza iraniana è una posizione nominata, non eletta. Il vicepresidente ha assunto alcuni dei poteri del primo ministro dopo che la carica è stata abolita nel 1989. Ci sono diversi vicepresidenti nominati che prestano servizio contemporaneamente in Iran e lavorano principalmente come membri del gabinetto. La carica ricoperta da Mokhber è considerata prima tra pari. Raisi ha nominato Mokhber suo primo vicepresidente nell’agosto 2021 poco dopo essere entrato in carica. Prima della sua nomina alla vicepresidenza, Mokhber è stato per 14 anni a capo del Setad iraniano, un potente conglomerato economico che si occupa principalmente di beneficenza.

L’ipotesi peggiore per il dopo Raisi

Ma c’è un però: il più pericoloso, forse. Khamenei può, in alternativa, decidere di chiedere al consiglio di nominare un successore senza passare dalle urne per evitare una fase di transizione in un periodo complesso come quello attuale, segnato dalla rivalità con Israele e dalla instabilità in Medio Oriente. Inquietanti, infatti, le sue parole poco dopo la notizia dell’incidente all’elicottero del presidente. “Ci auguriamo che Dio riporti l’onorevole presidente e i suoi compagni tra le braccia della nazione. Tutti dovrebbero pregare per la salute di questo gruppo di servitori. Se il popolo iraniano non si preoccupa, non ci saranno interruzioni nel lavoro del Paese“.

In questo caso, gli analisti sono pronti a scommettere su Ghalibaf, ex sindaco di Teheran ed ex generale dei Guardiani della Rivoluzione, sopravvissuto alle epurazioni di Khamenei e che da tempo aspira alla poltrona di presidente. Sia Mokhber che Mohseni-Ejei, invece, non sono ritenuti papabili, poiché, in quanto burattini leali agli ordini della Guida Suprema, non ostacolerebbero mai il percorso di Ghalibaf per ambizioni personali. Anche l’attuale capo della magistratura, figura che viene nominata personalmente da Khamenei senza l’imprimatur del Parlamento, potrebbe però avere qualche possibilità. Dal baule dei ricordi, una delle possibilità menzionate è perfino il ritorno di Mahmoud Ahmadinejad, che è stato presidente dell’Iran tra il 2005 e il 2013 ed è considerato un acerrimo nemico di Israele.

Un nuovo Parlamento nonostante la morte di Raisi?

Presentandosi come paladino degli ultimi e dei lavoratori, ma soprattutto della lotta alla corruzione, Raisi è stato eletto nel giugno 2021 al primo turno di una votazione caratterizzata da un’astensione record e dall’assenza di reali concorrenti. Successe al “moderato”, si fa per dire, Hassan Rouhani – fautore dell’accordo sul nucleare del 2015 – che lo aveva battuto alle elezioni presidenziali del 2017 ma che non poteva più ricandidarsi dopo due mandati consecutivi. Raisi è uscito rafforzato dalle elezioni del marzo scorso, la prima consultazione nazionale dopo il vasto movimento di protesta Donna, vita, libertà che ha scosso l’Iran alla fine del 2022, in seguito alla morte di Mahsa Amini.

Il 27 maggio prossimo si insedierà il nuovo Parlamento, gran parte sotto il controllo dei conservatori e degli ultraconservatori, che sostengono il suo governo. Ma nelle prossime ore tutto potrebbe accadere.

Sanguinario quanto i suoi accoliti, Raisi non è il peggiore dei mali nel Paese, trattandosi di uno yesman fedele all’ayatollah. In queste ore, l’Iran si blinda, mettendosi nelle mani di Khamenei e dei pasdaran. Questi ultimi hanno assunto il comando delle ricerche sul luogo dell’incidente di Raisi, estromettendo tutti gli altri gradi di potere e di competenza.

Se Teheran sotto Raisi ha conosciuto un’ulteriore involuzione, in mano all’IRGC rischia di piombare ancor di più nell’oscurità.

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