Romantica e da strada, dolce e brutale. Così si può definire la collezione Cruise di Gucci per il 2025 in passerella lunedì scorso a Londra nei grandiosi spazi della Tate Modern, l’ex centrale elettrica della città meravigliosamente trasformata dagli architetti Herzog & de Meuron nel tempio mondiale dell’arte contemporanea con quasi sei milioni di visitatori all’anno.
La sfilata si svolge in una delle gallerie che dalla monumentale Turbine Hall portano alla grande cisterna di cemento. Qui è stato ricostruito un poetico giardino metropolitano con 10 mila piante che dopo lo show sono state donate ai Community Gardens della città, ovvero gli orti spontanei che i londinesi coltivano per la comunità municipale. Il senso della prima cruise disegnata da Sabato De Sarno è tutto nei contrasti tra la brutale semplicità della margherita – leitmotiv floreale della collezione – e le sofisticate lavorazioni che la trasformano nel ricamo in cristalli su un magnifico paio di jeans, nelle applicazioni tridimensionali su gonne e camicie in candido chiffon oppure nella stampa all over di alcuni abiti da sera. Il motivo dei fiori più comuni detti anche «prataiole» dialoga piacevolmente con le ballerine dalle punte quadrate e dagli iconici morsetti di Gucci oltre che con le bellissime giacche in crosta se così può chiamare il morbidissimo suede logato delle prime uscite. Declinato anche in una sublime mantellina corta e nella bella rivisitazione di un miniabito d’archivio utilizzato a suo tempo da Lady Gaga nel film House of Gucci, il prezioso pellame perde il logo per arricchirsi di mille bellissimi tinte soffuse nei classici peacott con o senza martingala che per De Sarno sono una magnifica ossessione. Inutile quindi attribuire questa precisa scelta stilistica a una citazione di Prada o meglio di Miu Miu: la più applaudita delle collezioni per il prossimo inverno. Il giovane direttore creativo del brand delle due G ha infatti una passione personale per questo mitico giaccone da marinaio consegnato tra l’altro al mito da Saint Laurent nel senso di Yves. Inevitabili anche gli omaggi agli abiti da sera cut out creati a suo tempo da Halston e in seguito rivisitati da Tom Ford per Gucci.
Il resto inteso come denim dal mattino alla sera, preziosi decori come frange di canottiglie luccicanti per non parlare dei fantastici accostamenti cromatici, non viene tanto da Valentino con cui in mezzo a tutto De Sarno ha lavorato anni, quanto da una mistica della femminilità che affonda le sue radici nel contemporaneo. Certo non è facile capire quanto coraggio ci voglia nel mantenere dritta la barra su rigore e sartorialità dopo anni di successi e crescite a doppia cifra per le iperboliche collezioni di Alessando Michele. Gran parte del problema dipende probabilmente dall’assenza di uno story telling plausibile ed esaustivo per cui si scopre solo casualmente che la magnifica borsa gigante battezzata B Bag è una strepitosa rivisitazione di uno storico modello sfoggiato alla fine degli anni ’60 da Samuel Beckett. Stessa sorte per il colore-feticcio dell’attuale direttore creativo, quel Rosso chiamato Ancora come l’iconica canzone di Mina che in realtà allude alle pareti dell’ascensore del Savoy Hotel di Londra in cui un giovane facchino italiano, Guccio Gucci, decise di tornare a Firenze per fabbricare borse, valige e articoli di pelletteria come si deve.
Accadde un secolo fa ma solo oggi, grazie a Sabato De Sarno, quella tonalità scura e profonda del sangue venoso è in testa alla hit parade cromatica della moda.