“Gli accordi di pace non nascono dalle ideologie”. Il discorso del Papa a Verona

"Accordi di pace non nascono da ideologie". Ecco il discorso di Papa Francesco a Verona

La visita pastorale di Papa Francesco a Verona è partita stamani alle 6.30 circa, quando il suo elicottero si è alzato in volo dall’eliporto del Vaticano per atterrare nel piazzale antistante lo stadio Bentegodi.

San Zeno

Qui Bergoglio è salito a bordo di un’auto che lo ha condotto alla sua prima tappa, la Basilica di San Zeno, dove ha avuto un primo incontro con consacrati e sacerdoti all’interno dell’edificio religioso e uno in Piazza con bambini e ragazzi. “C’è il rischio che il male diventi normale”, ammonisce il pontefice in uno dei passaggi più suggestivi del discorso fatto dinanzi ai religiosi,“il male non è normale. Non deve essere normale. Nell’inferno sì, ma qui no. Il male non può essere normale e se facciamo l’abitudine alle cose brutte così diventiamo complici”. Il sacerdozio significa rinunciare agli individualismi e all’autopromozione, spiega papa Francesco, visto il rischio ”di vivere anche l’apostolato nella logica della promozione di noi stessi e della ricerca del consenso, anche di fare carriera: è bruttissimo; invece che spendere la vita per il Vangelo e per un servizio gratuito alla Chiesa”. Dopotutto, precisa ancora, è il Vangelo “che ha scelto noi : se ricordiamo questo, anche quando avvertiamo il peso della stanchezza e di qualche delusione, rimaniamo sereni e fiduciosi, certi che Lui non ci lascerà a mani vuote”.

Arena di Verona

In occasione della seconda tappa della sua visita a Verona, Papa Francesco ha partecipato all’evento “Arena di Pace – Giustizia e Pace si baceranno”, andato in scena nel celebre monumento di epoca romana della città scaligera.

Il pontefice, salutato con un lungo applauso dagli oltre 10mila fedeli presenti sulle gradinate, ha affrontato uno dei temi più scottanti e delicati del momento storico in cui stiamo vivendo, vale a dire quello della pace, con particolare riferimento al conflitto tra Israele e Palestina in Medio Oriente, rispondendo anche ad alcune domande postegli da associazioni e operatori.

Uno dei momenti più toccanti sul palco è stato l’abbraccio tra il palestinese Aziz Sarah, a cui l’esercito israeliano ha ammazzato il fratello, e l’israeliano Maoz Inon, i genitori del quale sono stati uccisi da Hamas il 7 ottobre, ora legati da un rapporto di amicizia: “Credo non ci sia bisogno di dire niente”, dice Bergoglio rivolgendosi al pubblico, che ha tributato una standing ovation ai due protagonisti.

“La sofferenza di questi due fratelli è la sofferenza di due popoli. Non si può dire nulla. Loro hanno avuto il coraggio di abbracciarsi e questo non solo è coraggio e testimonianza di voler la pace, ma anche un progetto di futuro. Abbracciarsi”, prosegue il papa. “Ambedue hanno perso i famigliari, la famiglia si è rotta per questa guerra. A che serve la guerra? Per favore facciamo un piccolo spazio di silenzio, per sentire”, esorta Bergoglio, “e guardando l’abbraccio di loro due ognuno dal suo cuore preghi il Signore per la pace e prenda una decisione interiore di fare qualcosa per finire con le guerre”.

A spingere per la pace devono essere i popoli del mondo, non l’elite. “Il futuro dell’umanità non è solo nelle mani dei grandi leader, delle grandi potenze, è soprattutto nelle mani dei popoli e nella loro capacità di organizzarsi e anche nelle loro mani che irrigano, con umiltà e convinzione, questo processo di cambiamento”. Le persone devono far sentire al propria voce per produrree un cambiamento epocale e lasciare da parte ogni genere di ideologia.

“Voi, però, tessitrici e tessitori di dialogo in Terra Santa, per favore chiedete ai leader mondiali di ascoltare la vostra voce, di coinvolgervi nei processi negoziali, perché gli accordi nascano dalla realtà e non da ideologie, spiega il pontefice. “Ricordiamo che le ideologie non hanno piedi per camminare, non hanno mani per curare le ferite, non hanno occhi per vedere le sofferenze dell’altro”, prosegue Bergoglio,“la pace si fa con i piedi, le mani e gli occhi dei popoli coinvolti, la pace non sarà mai frutto della diffidenza, dei muri, delle armi puntate gli uni contro gli altri”.

Carcere di Montorio

La tappa successiva è il carcere veronese di Montorio, dove il papa è stato accolto dalla direttrice Francesca Gioieni e dal Direttore della Polizia Penitenziaria Mario Piramide: ad attenderlo anche numerosi striscioni di benvenuto. Bergoglio ha stretto la mani ai detenuti e salutato gli agenti di Polizia Penitenziaria e i volontari.

In attesa del pranzo in loro compagnia, in programma alle 13.00, il papa si è rivolto ai detenuti per portare loro conforto.“Con dolore ho appreso che purtroppo qui, recentemente, alcune persone, in un gesto estremo, hanno rinunciato a vivere”, dice il pontefice, rivolgendosi ai presenti,“è un atto triste, questo, a cui solo una disperazione e un dolore insostenibili possono portare”. L’invito è quello di non cedere e non lasciarsi andare allo sconforto, ma di andare avanti nel proprio cammino verso la redenzione.

“La vita è sempre degna di essere vissuta, e c’è sempre speranza per il futuro, anche quando tutto sembra spegnersi”, esorta papa Francesco. “La nostra esistenza, quella di ciascuno di noi, è importante. Noi non siamo materiale di scarto, è un dono unico per noi e per gli altri, per tutti, e soprattutto per Dio, che mai ci abbandona, e che anzi sa ascoltare, gioire e piangere con noi. E perdona sempre”, spiega ancora.

E tra gli aspetti da migliorare, senza dubbio c’è quello relativo alle condizioni di vita quotidiana dei detenuti: l’atavico problema del sovraffollamento provoca ulteriori tensioni e fatiche. “Per questo voglio dirvi che vi sono vicino, e rinnovo l’appello, specialmente a quanti possono agire in questo ambito, affinché si continui a lavorare per il miglioramento della vita carceraria”, spiega il Pontefice. “Per me entrare in un carcere è sempre un momento importante, perché il carcere è un luogo di grande umanità. Sì”, sottolinea in conclusione, “è un luogo di grande umanità.

Di umanità provata, talvolta affaticata da difficoltà, sensi di colpa, giudizi, incomprensioni e sofferenze, ma nello stesso tempo carica di forza, di desiderio di perdono, di voglia di riscatto”.

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