Conte in tour manettaro, papà Salis l’ingrato e il giudice carceriere: ecco il podio dei peggiori

Conte in tour manettaro, papà Salis l'ingrato e il giudice carceriere: ecco il podio dei peggiori

Questa settimana apriamo il podio dei peggiori con Giuseppe Conte in pieno tour manettaro in giro per l’Italia. Bari, Torino, Genova: il leader del Movimento 5 Stelle insegue le inchieste che coinvolgono gli altri partiti. Lo scorso fine settimana avrebbe dovuto essere a Sanremo e Albisola, poi c’è stato il terremoto giudiziario che ha travolto il governatore Giovanni Toti ed eccolo cambiare in corsa l’agenda per cavalcare la manifestazione sotto il palazzo della Regione Liguria. Peccato che dai manifestanti abbia ricevuto solo fischi. “Fuori Conte dal corteo”, gli hanno urlato inferociti. Lui si è detto stupito ma è quello che ti tocca a fare lo sciacallo. Non contento, l’indomani, l’avvocato arruffa-popolo è andato ad arruffare le toghe di sinistra. Da Genova a Palermo, dai portuali all’Anm: si è messo a rievocare Tangentopoli e a sproloquiare su una fantomatica “rinascita democratica della P2”.

Un giustizialismo da quattro soldi. Ma veniamo al secondo posto del podio dove (ri)troviamo Roberto Salis. In appello sono stati concessi gli arresti domiciliari a Ilaria, la 39enne accusata di aver massacrato di botte alcuni neonazi insieme ad un gruppo di antifascisti. L’inaspettata decisione del giudice ungherese è certamente merito della nostra ambasciata a Budapest, del nostro consolato e, più in generale, di tutte quelle donne e quegli uomini che rappresentano il nostro Paese nel mondo. Un plauso va anche al lavoro sottotraccia del governo che, dopo Patrick Zaki, porta a casa un ottimo risultato anche con la Salis. E il padre che fa? Si mette a sbraitare accusando i ministri Antonio Tajani e Carlo Nordio di immobilismo e rifiutandosi categoricamente di ringraziare. Una colata di liquame che va a infangare quelle istituzioni che tanto si sono spese per sua figlia. Ma si sa alcuni, in campagna elettorale, non guardano in faccia nessuno.

Al primo posto il giudice monocratico del tribunale di Nola che ha condannato a otto mesi di carcere il nostro Pasquale Napolitano (pena poi sospesa perché incensurato). Tutto nasce da un articolo pubblicato nel 2021, una storia che coinvolge il Consiglio degli avvocati del Foro di Nola al tempo paralizzato dalle liti tra correnti. Che, poi, manco il contesto dovrebbe interessarci: è mai possibile che, in un paese democratico un giornalista venga condannato al carcere per aver espresso un’opinione? E, ancor peggio, che a deciderlo sia un giudice monocratico, di fatto un avvocato distaccato al ruolo di magistrato chiamato a decidere su una querela presentata – guarda un po’ – da un altro avvocato? Noi crediamo proprio di no.

Crediamo che certe cose non siano per nulla degne di un Paese che si definisce libero.

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