Sostenibilità, sì. Ma con un approccio pragmatico, lungimirante, ad ampio raggio. Per le grandi imprese e per il mondo bancario la transizione energetica è una sfida seria, ben lontana dai fanatismi ideologici. La tutela del Pianeta deve andare di pari passo con lo sviluppo economico e con gli investimenti: lo hanno testimoniato i protagonisti intervenuti ieri all’evento organizzato dal Giornale a Genova. Nel secondo dibattito, dedicato allo sviluppo tecnologico e condotto da Nicola Porro, i gruppi Leonardo, Tim e Banco Bpm hanno raccontato cosa significhi guidare il cambiamento nella complessità del contesto attuale. Oggi, ad esempio, puntare sulla sostenibilità significa fare i conti con un mondo che in questo ambito viaggia a diverse velocità. Lo ha spiegato efficacemente Raffaella Luglini, direttore Sostenibilità di Leonardo. «Noi abbiamo base in Italia ma anche attività nel Regno Unito, negli Usa, in Polonia e in Svizzera. Quindi abbracciamo tutto l’arco dei vari approcci alla sostenibilità», ha dichiarato la manager, osservando come oggi questi temi possano «supportare o indebolire la competitività» di un’azienda. L’innovazione tecnologia, ha proseguito, «era prima finalizzata a migliorare le performance, oggi invece va oltre e guarda agli impatti in efficienza, ambienti sociali ed economia. Questo è il connubio più stretto tra tecnologia, business e sostenibilità». Il sodalizio è racchiuso nell’acronimo inglese Esg, che rappresenta l’optimum della transizione intelligente: ovvero, quella che non dimentica l’uomo, il suo benessere e il suo diritto a fare impresa. Su questo fronte è impegnato anche il sistema bancario, che «non ha solo il ruolo di finanziatore, ma anche di tutor della clientela, specie delle Pmi, per aiutarle ad affrontare la rivoluzione della sostenibilità». Lo ha rimarcato Matteo Cidda, responsabile Comunicazione e Responsabilità Sociale di Banco Bpm, per il quale i temi Esg dovrebbero essere valorizzati in particolare nel sostegno alle comunità. «Ci è stato attribuito un ruolo essenziale per accompagnare le aziende verso la transizione e dobbiamo farcene carico, in primis aiutandole a comprendere il cambiamento in atto e a strutturarsi. Lo facciamo attraverso il nostro progetto Esg Factory. Le cose vanno spiegate bene alle persone anche in dibattiti pubblici come questo. E poi bisogna parlare di più della responsabilità sociale delle imprese a favore del territorio».
Maria Enrica Danese, Direttore Comunicazione & Sostenibilità di Tim, ha introdotto invece la prospettiva della sostenibilità nel settore telco. «Negli gli ultimi due anni abbiamo registrato un miglioramento dell’ecoefficienza del 23% grazie a sistemi di controllo, rigenerazione dei server e innovazione tecnologica. La sostenibilità nel nostro settore coincide con l’innovazione tecnologica. Abbiamo rivisitato tutta l’infrastruttura dei data center per renderli energeticamente sostenibili». Un risultato significativo, condotto anche a fronte di un quadro normativo europeo che spesso sembra frenare la transizione virtuosa, a dispetto dei proclami. La contraddizione l’ha evidenziato la stessa Danese: «L’Ue ha approntato una tassonomia che identifica i costi, gli investimenti e i ricavi legati alla sostenibilità. Ma l’ammissibilità in termini di tassonomia non sempre corrisponde allo sforzo profuso dalle aziende. C’è una componente burocratica che ancora fatica a fare regole coerenti con il mercato, spesso sembra che ci siano regole avulse».
Tu chiamali, se vuoi, euro-paradossi.