Violenti scontri, auto date alle fiamme, negozi distrutti, decine di arresti e feriti. In Nuova Caledonia, territorio d’oltremare francese situato a est dell’Australia, nell’Indo-Pacifico, è scoppiato un vero e proprio inferno. I disordini si sono verificati dopo che l’Assemblea nazionale di Parigi ha avviato una discussione che prevede una contestata revisione costituzionale sullo status dell’arcipelago. La suddetta revisione, già adottata dal Senato, mira ad ampliare il corpo elettorale del Paese, ma ha provato numerose tensioni tra lealisti e separatisti. Le modifiche proposte al sistema di voto consentirebbero infatti a più migranti sull’isola – in molti casi provenienti dalla Francia – di votare e, potenzialmente, alterare il suddetto status della Nuova Caledonia.
Cosa succede in Nuova Caledonia
Il governo della Nuova Caledonia ha lanciato un appello alla “ragione e alla calma“. “A nome del governo collegiale, facciamo appello a tutti i caledoniani, ai nostri leader politici, istituzionali, consuetudinari, religiosi, comunitari e familiari, affinché agiscano in modo responsabile. Chiediamo loro di utilizzare tutti i mezzi a loro disposizione per riportare la ragione e la calma“, ha dichiarato l’istituzione. L’Alto Commissario francese in Nuova Caledonia ha riferito che “sono stati sparati colpi contro i gendarmi con armi di grosso calibro, fucili da caccia” durante la notte di disordini nel comune di Mont-Dore.
La situazione è talmente critica da aver spinto l’Alta Commissione francese in Nuova Caledonia ad annunciare un coprifuoco per martedì sera nell’area metropolitana di Noumea, teatro di disordini “molto intensi” dopo l’esame a Parigi della citata riforma costituzionale denunciata dal movimento pro-indipendenza. Il coprifuoco è stato imposto dalle 18.00 di martedì alle 6.00 di mercoledì. Inoltre, tutti gli assembramenti sono vietati nella Grande Noumea, così come il porto d’armi e la vendita di alcolici in tutta la Nuova Caledonia, ha dichiarato la stessa Alta Commissione, invitando i 270.000 abitanti del territorio a rimanere a casa.
Nella notte i vigili del fuoco hanno registrato quasi 1.500 chiamate, centinaia di automobili sono state date alle fiamme, così come più di trenta fra aziende, negozi e fabbriche. All’ingresso di Noumea, in una grande fabbrica è divampato un incendio doloso e la struttura è stata completamente devastata dalle fiamme. Diversi supermercati sono stati saccheggiati nella capitale del Territorio d’oltremare, ma anche nelle vicine città di Dumbea e Mont-Dore. Secondo quanto riferisce France Info, per garantire l’ordine sono stati schierati quattro squadroni dei gruppi d’intervento della gendarmeria francese (Gign), l’unità d’èlite specializzata in azioni antiterrorismo, liberazione di ostaggi e operazioni speciali.
Le motivazioni degli scontri
La Francia intende aggiornare l’accordo di Noumea del 1998 che ha contribuito a porre fine a un decennio di conflitto delineando un percorso verso l’autonomia graduale e limitando il diritto di voto per le elezioni locali agli indigeni Kanak e ai migranti che risiedevano sull’isola prima del 1998. Più di un quarto di secolo dopo, ha sottolineato DW, Parigi prevede di aprire il diritto di voto alle persone che sono nel Paese da più di 10 anni ininterrottamente. Dei circa 270.000 abitanti dell’isola, circa 40.000 risultano cittadini francesi che non possono votare alle elezioni locali, in una situazione che il governo di Parigi ha definito “assurda“.
“Lo scongelamento delle liste elettorali per le uniche elezioni locali in Nuova Caledonia non è solo un desiderio politico, è un obbligo morale per coloro che credono nella democrazia“, ha affermato il ministro degli Interni francese Gerald Darmanin all’Assemblea nazionale.
L’accordo del 1998 con la Francia ha tracciato un percorso verso una maggiore sovranità e una futura indipendenza. Ma tre recenti referendum – nel 2018, 2020 e 2021 – si sono conclusi con un voto a favore della permanenza del territorio francese.
Durante una visita nel territorio lo scorso anno, il presidente francese Emmanuel Macron – non nuovo a dover fare i conti con feroci proteste e rivolte – aveva affermato di volere uno status costituzionale rivisto per la Nuova Caledonia da attuare entro l’inizio del 2024.