Lo studio delle carte. L’attesa per un interrogatorio che non sarà una formalità. Giovanni Toti gioca la partita più difficile: difendere la propria immagine macchiata dalla lunga indagine della Procura di Genova. Il presidente della Regione Liguria è ai domiciliari nella casa di Ameglia, nello spezzino, ma non è la misura cautelare quel che più lo preoccupa. Il punto decisivo è provare a smontare le accuse di corruzione, corredate dalle intercettazioni in cui parla con Aldo Spinelli e Francesco Moncada dello sblocco di alcune pratiche, e poi di spiagge e supermercati. Per chiedere poi, con disinvoltura, una mano agli imprenditori amici.
L’immagine è incrinata e per il leader l’immagine è tutto. Il rischio è quello di rimanere intrappolati in una storia complessa, dai mille risvolti, ammaccati ma non abbattuti, in una sorta di limbo per anni.
Ecco, Toti vorrebbe evitare questo congelamento che di fatto vorrebbe dire l’estromissione dalla vita politica, in attesa di una sentenza che potrebbe arrivare anche fra anni. Dunque, l’interrogatorio di garanzia, venerdì a Genova, è il primo momento in cui difendersi e dare la propria versione di ogni telefonata incriminata, di ogni finanziamento ricevuto, di ogni dossier esaminato e approvato. Alla fine, dopo anni di indagine, i soldi che scottano sono i 74 mila euro ricevuti da Spinelli e peraltro dichiarati, alla luce del sole. Si preannuncia una battaglia durissima, sfibrante, tecnica, fra accusa e difesa. E la dimensione del match la dà il comunicato firmato dall’avvocato Stefano Savi, il difensore di Toti: «I fatti contestati al presidente della Regione sono in realtà da interpretare differentemente alla luce della politica che ha sempre seguito, lui e la Regione da lui guidata, a tutela esclusivamente di interessi pubblici e non privati».
In questa indagine non ci sono – almeno per Toti – valigette, orologi e collane d’oro. Ci sono dei fatti che devono essere analizzati. O almeno questa è la strategia di Savi: «Interessi del territorio – prosegue il legale – che sono stati perseguiti anche attraverso forme che hanno potuto indurre ad equivoci, ma che nella realtà non hanno mai sconfinato in nulla di illecito».
Ecco, la difesa riconosce il peso specifico degli elementi in mano alla Procura, ma cerca di depotenziarli. Lo spazio della difesa è quello, scivoloso, al confine fra l’equivoco e l’illecito. «Dopo l’interrogatorio di venerdì – conclude Savi – vedremo come comportarci».
Oggi, intanto, si comincia: verrà ascoltato l’unico detenuto in carcere di tutta questa storia: l’ex presidente dell’Autorità portuale Signorini, oggi amministratore delegato di Iren. La sua posizione sembra la più compromessa, zavorrata da un numero incredibile di regalie ricevute da Spinelli: i soggiorni all’Hotel de Paris di Montecarlo, i massaggi e la tenda in spiaggia, la borsa Chanel, le fiches al Casinó per e via elencando.
Sabato dovrebbe toccare al capo di gabinetto di Toti, Matteo Cozzani, e allo stesso Spinelli, a cui la Finanza ha sequestrato 220mila euro in contanti. E qui si potrebbero aprire altri scenari: qualcuno, spalle al muro, potrebbe fare nuove rivelazioni e spingere l’inchiesta più avanti.
Fra l’altro, scorrendo l’ordinanza, si capisce che presto potrebbero arrivare altri indagati. Il gip Paola Faggioni descrive infatti «l’emersione di ulteriori vicende (ancora oggetto di approfondimenti investigativi)» in cui ci sarebbe stato il solito scambio fra «favori» amministrativi e finanziamenti al Comitato Toti. Il riferimento è ai soldi erogati da Luigi Alberto Amico, legale rappresentate della Amico & Co., azienda attiva nella manutenzione e riparazione delle navi. Per Toti i prossimi giorni saranno una corsa contro il tempo. Il suo vice Alessandro Piana, sembra già aprire alle richieste delle opposizioni: «Non escludo le elezioni anticipate».
«Vediamo cosa succede – replica Antonio Tajani – non mi pare si debba andare al voto».