“Qui siamo pronti a tutto”. Incursori, ranger e acquisitori: viaggio nella base che forma le forze speciali

Nella base che forma le forze speciali

Pisa – «Ora che entriamo nella base, ti chiedo di spegnere il Gps», ci dice il militare che ci accompagna. Detto, fatto. Anche perché quella in cui stiamo per accedere non è una base qualsiasi ma è quella che ospita il Comfose, il Comando delle forze speciali dell’esercito. È qui che si formano gli incursori del nono reggimento Col Moschin, i ranger del quarto reggimento alpini paracadutisti e gli acquisitori del 185esimo reggimento Folgore.

Un iter duro e severo, quello per formare gli operatori, che passa innanzitutto dalla motivazione, come ci spiega Mauro Bruschi, vice comandante del Comfose: «Siamo l’essenza dell’addestramento, inteso non come fine ma come mezzo per raggiungere quella che chiamiamo prontezza, ovvero l’essere preparati innanzitutto a livello di testa, di mentalità. Il fisico segue».

In questo senso, il Comfose, con il suo addestramento continuo, rappresenta il perfetto esempio di uno dei tre pilastri (insieme all’innovazione tecnologica e al sistema valoriale) della visione del capo di stato maggiore dell’Esercito, il generale Carmine Masiello che, non a caso, ha affermato: “Il livello addestrativo delle Forze speciali è unico in termini di selezione, addestramento e risorse. Parimenti lo è la voglia di migliorarsi, lo spirito innovativo e la consapevolezza dell’importanza del proprio ruolo, nell’ampio ventaglio di capacità esprimibili dall’Esercito. Le Forze speciali incarnano la funzione essenziale di deterrenza reale e credibile dello strumento militare, ossia di difesa e salvaguardia della Repubblica italiana e della sicurezza della collettività, quali beni fondamentali del Paese. La base della capacità delle Forze speciali di portare a compimento la missione poggia sui pilastri della flessibilità, del realismo e dell’iniziativa”.

Per diventare operatori dell’Esercito si può passare unicamente da qui. Si inizia con due settimane di tirocinio più dodici di corso Obos dove ci si educa a resistere, superare difficoltà e lavorare fuori dalla propria comfort zone. Plus ultra, come recita l’antico adagio latino del quale si era appropriato Carlo V. Più oltre. Sempre di più. «Li prepariamo a gestire lo stress in battaglia, dove ci sarà una sovrapposizione emotiva e sensoriale», prosegue Bruschi. Che precisa: «Per noi l’operatore è una persona eccellente in quello che fa. Gli chiediamo di essere pronto a una maratona motivazionale, dove ci saranno momenti di alti e di bassi. Creiamo una tenacità, ovvero resistenza fisica, e una tenacia, ovvero una capacità di alimentare in se stessi la fiammella del dovere. Insegniamo agli operatori a trovare l’arrivo, che è una tappa intermedia verso un altro incarico. La parola fine per noi non esiste».

Il cuore della formazione degli operatori è il Ce.Add.Os, il centro di addestramento per operazioni speciali. È qui che i futuri operatori ricevono la formazione per affrontare le fasi di specializzazione che riceveranno dai futuri reggimenti in cui andranno. Al Comfose si lavora seguendo un addestramento duro, realistico e progressivo. Proviamo la parte ginnica insieme agli istruttori. Non si punta solo alla forza, ma soprattutto alla resistenza. I movimenti sono precisi e taglienti. Non appena sbagliamo, veniamo corretti dall’istruttore al quale siamo stati affidati: «Diminuisci i carichi, muoviti così». Non appena stiamo per cedere passa qualcuno che ci dice «forza», oppure ci dà il cinque. La squadra qui è fondamentale. C’è una strana gioia di vivere tra questi uomini che sono stati a lungo impiegati all’estero nelle missioni più dure e pericolose. Nessuno resta indietro, come insistono a più riprese gli operatori che incontriamo e che non possiamo riprendere in volto: «Mi addestro per le persone che ho accanto, perché so che faranno affidamento su di me», ci dice un incursore. «Noi siamo l’esercito: nomen omen – prosegue Bruschi – Ci teniamo in esercizio, preparati. Abbiamo un motto: addestrati per le certezze, ma preparati per l’incertezza.

Questo, che è un mantra che recitiamo da anni, è ancora più vero ora che gli scenari di riferimento sono volatili e indeterminati».

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