Il 5 maggio ricorre la Giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia. Strumento fondamentale di contrasto a questi reati gravissimi è oggi la Polizia postale, che in Italia è un’istituzione preparata, qualificata, attiva: non è un azzardo affermare quanto il suo lavoro sia autorevole anche a livello internazionale. Con l’occasione della ricorrenza sono stati diffusi in un report i dati dei fenomeni online legati a pedofilia e pedopornografia, in particolare il recente fenomeno che prende il nome di “live streaming child abuse”.
Si tratta di abusi e sfruttamenti sessuali su minori che avvengono online, con adulti presenti in loco con i minori e altri adulti al di là dello schermo. Il fenomeno era balzato tristemente agli onori della cronaca dopo che a dicembre 2023 nel Varesotto era stata eseguita la misura cautelare nei confronti di una coppia di nazionalità filippina, un uomo e una donna che avrebbero ricevuto pagamenti su PayPal da utenti europei per assistere in streaming ad abusi su minorenni. Tra gli account trovati ci sarebbe stato anche quello di un italiano che avrebbe effettuato numerosi versamenti tra il 2019 e il 2020. Non solo: la donna della coppia, quando si trovava all’estero, avrebbe permesso abusi sui propri figli dietro compenso di denaro.
Tornando al “live streaming child abuse”: in cosa consiste? I minori – che per lo più si trovano in Paesi in cui le leggi a tutela dei minorenni sono ben diverse da quelle europee, come per esempio le Filippine – sono obbligati da uno o più adulti a compiere atti sessuali con loro o con dei coetanei. Questi atti vengono appunto mandati in streaming su siti internet e gli utenti possono connettersi pagando cifre che partono da 20-30 euro. A tal proposito, la Polizia postale ha inserito 2800 siti (su 28355 analizzati) in black list, identificando e denunciando oltre 1100 persone per aver scaricato o condiviso foto e video di abusi sessuali su minorenni.
Ma non finisce qui, perché l’attenzione deve restare alta anche sull’adescamento online: i bambini, solitamente nella fascia d’età 10-13 vengono contattati sui videogiochi o sulle app di gioco, per poi spostarsi su applicazioni di messaggistica con crittografia end-to-end, e “progressivamente si avvicinano a temi sessuali e inducono la vittima a produrre e condividere immagini intime, autoprodotte, si assicurano che i cellulari non siano controllati dai genitori, incitano alla segretezza dei contatti, promettono esattamente quello che i bambini e i ragazzi vogliono, l’ultima skin del videogioco preferito o il provino per una serie televisiva”.
Il fenomeno riguarda sia bambini che bambine e preoccupa anche il ruolo dell’intelligenza artificiale, che può essere usata per produrre messaggi tali da comunicare efficacemente con i più piccoli, al fine di carpirne la fiducia, ma anche perché “può essere utilizzata per agevolare condotte di adescamento online, revenge porn e sextortion”.