L’Orso russo ha ripreso la caccia alle aziende occidentali. Uscito dal letargo, scontento per l’andamento della guerra in Ucraina perché Usa ed Europa continuano a sostenere le difese di Kiev con altre risorse e missili, stavolta ha usato i canini per mordere al collo due nuove prede: una multinazionale tedesca e una italiana. Con un decreto, Putin ha infatti piazzato in gestione «temporanea», sotto l’ala di Gazprom e dunque sotto il controllo governativo di Mosca, le filiali russe di un big del Made in Italy e di uno del Made in Germany che operano nella Federazione: Ariston e Bosch. La prima, leader nella produzione di impianti di riscaldamento e climatizzazione, quotata in Borsa; la seconda maggior produttrice di componenti per auto.
Un chiaro segnale inviato da Putin alle cancellerie in vista del G7 a guida italiana, che dopo l’ultima riunione non ha nascosto, anche su input Usa, di puntare a una quadra sul congelamento dei beni russi, su cui la Francia resta invece cauta, se non scettica, in particolare sulla possibilità di attingere agli interessi prodotti dai quasi 300 miliardi di dollari congelati dalle sanzioni dal 2022 (per ora circa 3 miliardi).
La «nazionalizzazione» dello zar ha il sapore della minaccia (o meglio della messa in pratica di un avvertimento già lanciato dalle seconde file del Cremlino nei giorni scorsi). Il ministro degli Esteri Tajani ieri ha risposto convocando l’ambasciatore russo in Italia per «chiarimenti» sull’operazione: rumorosa, provocatoria, ma tuttora piuttosto fumosa negli aspetti pratici. Il titolare della Farnesina lavora di concerto con la Germania, dove il ministro delle Finanze Lindner è tranchant: «L’obiettivo di Putin non è Kiev, ma esercitare potere su di noi».
Palazzo Chigi può contare sul pieno sostegno di Bruxelles. Secca la nota dal Servizio di azione esterna dell’Ue che invita Mosca a revocare «queste misure (di nazionalizzazione, ndr) e a cercare soluzioni accettabili con le aziende prese di mira», stigmatizzando il «disprezzo della Russia per il diritto internazionale». Certo, con comunicati in cui denuncia una Russia «imprevedibile anche in ambito economico», l’Ue non sposta equilibri e decisioni dello zar. Dunque il governo italiano si è subito mobilitato. Il ministro delle Imprese e Made in Italy, Adolfo Urso, ha sentito al telefono il presidente di Ariston, Paolo Merloni, dicendosi «pronto a tutelare l’azienda in ogni sede». Urso ha poi confermato a Francesco Acquaroli, presidente della Regione Marche, base dell’Ariston Thermo Group, l’attenzione massima dell’esecutivo a tutela delle imprese e dei livelli produttivi e occupazionali nel settore degli elettrodomestici, considerato un asset strategico. Si studiano contromosse. Nulla lascia pensare che il morso «inatteso» dell’Orso possa far cambiare l’agenda del G7. Ma il segnale di Mosca è chiaro: cambiate strada sui piani per indebolire Putin e la sua guerra, altrimenti lo zar colpirà altre sussidiarie. L’anno scorso, Putin aveva già trasferito la gestione delle filiali della francese Danone e della danese Carlsberg alla Rosimushchestvo, ma attraverso il controllo delle azioni. Per Ariston e Bosch lo ha fatto direttamente, con un blitz. Ariston è «in attesa di spiegazioni» e rivendica intanto i risultati di due decenni di investimenti nella Federazione, dicendosi «estremamente sorpreso». Soprattutto per non essere stato informato preventivamente: «Stiamo valutando le implicazioni dal punto di vista della governance e della gestione» della filiale alle porte di San Pietroburgo. I tecnici studiano il caso.
Mentre mezza Ue denuncia il clima imprenditoriale arbitrario e ostile dello zar nei confronti di investitori stranieri.