Dicono di essere democratici, sostengono di voler difendere i valori democratici, ma non si fanno remore ad augurare la morte dal presidente del Consiglio. Vogliono dare patenti di antifascismo ma hanno esattamente gli stessi atteggiamenti e le stesse ambizioni delle camicie nere. Sono gli antifascisti italiani, pronti a scatenare la loro rabbia repressa invocando piazzale Loreto e auspicando una rapida morte di Giorgia Meloni e dei ministri del suo governo. Ed è un altro 25 aprile di violenza quello che si è aperto dopo le parole, chiare e nette del premier, che sottolinea come «nel giorno in cui l’Italia celebra la Liberazione, che con la fine del fascismo pose le basi per il ritorno della democrazia, ribadiamo la nostra avversione a tutti i regimi totalitari e autoritari».
Nemmeno gli alti valori di difesa della «democrazia e per un’Italia finalmente capace di unirsi sul valore della libertà» hanno fatto tacere l’odio dei leoni da tastiera. «Viva la Liberazione dai fascisti. Meloni appesa, Anni di piombo ai suoi colleghi», si legge sotto il messaggio del Presidente per il 25 aprile, giornata scandita dal solito adagio «fasci appesi». È un antifascismo fermo agli anni Settanta quello che oggi si trova nelle piazze e sui social, una militanza che fa suoi gli slogan di un passato lontano vedendoli ancora attuali.
«Le merde fasciste stanno bene solo quando sono appese al contrario», scrive un altro utente, che riceve qualche like. Nella maggior parte dei casi sono profili anonimi, impiegati per lo più per diffondere odio in rete. Ma non manca anche chi, in qualche modo, si rende riconoscibile: e allora si scopre che a inneggiare ai «fasci appesi» sono per lo più adolescenti e giovanissimi, che si fanno ritrarre con la kefiah per la foto del profilo. E tra una bestemmia e un’altra, immancabile tra questi commenti, compare anche il campione della giornata, che con nome e cognome chiede al premier se preferisce «vedere il mondo a testa in giù». Tralasciando tutti gli insulti, vari ed eventuali, il ricorso a terminologie legate al Ventennio è diventata una prerogativa degli antifascisti, che senza un immaginario fascismo contro il quale opporsi non avrebbero un’identità.
Lo dimostrano anche gli insulti dello stesso tenore rivolti al ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida: «A piazzale Loreto per te c’è sempre posto, fascista schifoso balleremo sulla tua lapide». Gli stessi slogan si sono uditi anche nelle piazze di tutta Italia nel giorno della Liberazione, rivolti al governo ma anche alla Brigata ebraica e agli spezzoni ucraini. «Per certa sinistra tutto diventa solo un pretesto per dare libero sfogo alla violenza. Gli italiani l’hanno capito e sanno da che parte stare», è il commento di Fratelli d’Italia alla luce dell’ennesima ondata di odio e violenza.
In attesa della prossima occasione, che non tarderà ad arrivare.