Il caso Scurati scuote la Rai. “Una guerra per distruggerla”

Il caso Scurati scuote la Rai. "Una guerra per distruggerla"

Un modo peggiore di questo di aprire la campagna elettorale era difficile da immaginare. Non solo il caso Scurati (che ieri ha detto in sostanza di temere per la sua vita) farà da leitmotiv per accusare le destre delle peggiori nefandezze, ma per quanto riguarda la televisione di Stato ha fatto esplodere una situazione già in ebollizione. In un momento di vuoto di potere in cui – con la scadenza del mandato triennale del cda – si stanno rinnovando i vertici aziendali, il pasticcio che si è consumato sulla censura del monologo sul fascismo dello scrittore, rischia di far saltare i patti già stabiliti dallo scorso anno. La sostanza dell’accordo era che l’attuale amministratore delegato Roberto Sergio e il direttore generale Giampaolo Rossi si scambiassero le poltrone. Quindi un manager direttamente riconducibile alla premier Giorgia Meloni dovrebbe prendere tra qualche settimana il più alto comando della Tv di Stato con tutti i suoi «generali» a disposizione e l’obiettivo di cambiare radicalmente la narrazione del Paese secondo i valori della destra, fatti salvi ovviamente i minimi principi di salvaguardia del pluralismo, che tradotto significa garantire dei posti anche a sinistra.

Ecco, nei prossimi giorni si vedrà se questo schema reggerà. Perché l’attacco durissimo, a cannonate, avviato immediatamente dopo il post di Serena Bortone che denunciava la cancellazione del monologo di Scurati (da sinistra, da mille associazioni) è volto certamente a gettare il massimo discredito sul governo, ma anche a cercare di frenare la corsa alla carica di «ad» di Giampaolo Rossi, magari ottenendo il risultato di un amministratore meno schierato a destra. Tanto che qualcuno ha anche ipotizzato che il caso sia stato studiato a tavolino o comunque che si sia presa la palla al balzo dopo il pasticciato tentativo delle strutture Rai di impedire a Scurati di parlare.

Difatti, ieri, è partita un’altra bordata da parte del Pd contro l’opinione espressa dalla vice direttrice del Tg1 Incoronata Boccia che, durante la trasmissione «Che sarà», ha affermato che «l’aborto non è un diritto ma un delitto». Un tema di quelli su cui si scatenano le guerre tra destra e sinistra. Conclusione: vorrà Giorgia Meloni avere una situazione in Rai in cui scoppia un caso tutti i giorni?

In questo senso si possono anche leggere le parole dell’attuale ad Roberto Sergio, democristiano di ferro, catturate dal «Corriere»: «Io cerco di far capire ai miei amici che così l’azienda va a sbattere, ma è tutto inutile». Gli «amici» sarebbero appunto i «generali» di destra, insieme a cui gestisce l’azienda da un anno. Tra Rossi e Sergio è calato il gelo da Sanremo (quando l’ad fece un comunicato sull’espressione «genocidio» rivolta da Ghali contro Israele) e molti ricordano il presunto tentativo della Lega di appoggiarlo nella riconferma come ad. E Sergio in un’intervista alla Stampa ha spiegato che lui non avrebbe mai censurato Scurati, che non sapeva nulla delle trattative che hanno portato alla cancellazione del monologo, che i responsabili dovranno pagare duramente. Ma sottolinea anche che la Rai è «vittima di una guerra politica quotidiana con l’obiettivo di distruggerla»: tradotto il nemico non è lui. E l’Usigrai gli scrive e firma comunicato sindacale letto ieri in tutti i tg e gr della Rai: «Il controllo dei vertici della Rai sull’informazione del servizio pubblico – recita – si fa ogni giorno più asfissiante».

Oggi, comunque, l’ad in carica chiederà a tutte le persone coinvolte precise relazioni su quanto accaduto per poi decidere quali «provvedimenti drastici» adottare. Sotto «inchiesta» c’è, da una parte, il direttore Approfondimenti Paolo Corsini (già richiamato per la sua presenza alla convention «Atreju» di FdI) e il suo staff: bisognerà vedere a chi va imputato il pasticcio delle trattative con Scurati. Corsini sostiene di non aver mai messo in discussione la presenza dello scrittore ma solo contestato la cifra pretesa per l’intervento: 1.800 euro.

Dall’altra parte c’è Serena Bortone che, denunciando sui social sabato mattina la vicenda, ha violato la policy aziendale sulla riservatezza e comunque avrebbe sollevato il caso senza prima sentire i vertici più alti, cioè l’ad medesimo.

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