Un minuto e si scatena la tempesta perfetta. Un minuto come la durata del monologo che Antonio Scurati avrebbe dovuto leggere dagli schermi di Rai 3 e che una Rai occhiuta ha cancellato. Un fatto grave e stupido, ma più stupido che grave perché la soppressione, quale che sia il motivo, ha fatalmente acceso le candele del martirologio, specialità della sinistra italiana.
La destra, che secondo la sinistra è pur sempre un po’ fascista, spegne lo scrittore che avrebbe voluto puntare il dito contro Giorgia Meloni che a suo dire non ha ripudiato il Fascismo. E tutto questo alla vigilia del 25 aprile, il giorno in cui un pezzo d’Italia, invece di cercare la pacificazione, fa sempre la morale all’altra parte. E già che c’è fa anche gli esami del sangue al centrodestra, sempre in attesa di una legittimazione democratica che pare non dover mai arrivare.
Manca sempre qualcosa e ora fatalmente siamo tornati indietro, anche per la goffaggine di chi è seduto sulle scrivanie di viale Mazzini. Comunque, il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, Pd, lancia l’idea che subito attecchisce: «Quel monologo leggiamolo dai palchi delle nostre città».
È la nuova resistenza che infiamma il 25 aprile. Contro la presunta arroganza dell’informazione di Stato, contro TeleMeloni, contro il governo che resta a galla in mezzo alle onde e allora ogni occasione è buona per creare la tempesta perfetta e provare a mandarlo a picco. Nell’autunno del 2022, alla vigilia del debutto, si agitava il pericolo dei pericoli: il ritorno del Fascismo.
Nell’ottobre del ’22, esattamente cento anni dopo la marcia su Roma, ci si mobilitava per scongiurare la seconda marcia delle camicie nere che avrebbero messo in crisi la democrazia e che i nostri partner europei scrutavano con preoccupazione.
Poi, si è capito che non sarebbe successo nulla, ma la contrapposizione è rimasta sul piano dell’ideologia, buona per compattare un’opposizione rissosa e divisa come non mai. Ora Ordini del giorno, decreti, dispute sul Pnrr relative all’aborto sono diventati legna per accendere l’ennesimo faló sul governo che comprimerebbe i diritti delle donne.
Insomma, si prende un dettaglio, lo si dilata all’inverosimile e lo si fa diventare il manifesto di un nuovo, presunto oscurantismo. Il governo che calpesta la dignità. Il governo che calpesta le norme, il governo che calpesta la democrazia e le donne. Il governo che la sinistra scomunica un giorno sì e l’altro pure.
Il Paese, con tutto il rispetto, sembra insensibile o comunque non si scalda più di tanto per questi continui appelli, come fossimo sempre in un regime autoritario, questa destra – impresentabile a sinistra – cattura sempre il consenso elettorale e l’opposizione passa da una sconfitta all’altra. La sinistra più i 5 Stelle hanno vinto in Sardegna, ma a ben guardare perché il candidato dell’altra parte era sbagliato, e comunque il vento del cambiamento è durato lo spazio di un mattino. Poi la serie negativa è ripresa, ora siamo alle urne in Basilicata e si vedrà.
Poi, fra un mese e mezzo ci sarà la tornata delle Europee, ma invece di spingere sul pedale della concretezza, la sinistra dichiara guerra scegliendo sempre slogan che si prestano alla solita lettura: i progressisti, in sintonia con lo spirito del Paese, contro i reazionari che vogliono imbavagliare le libertà.
Ecco, la crociata sull’aborto, dove un emendamento al decreto Pnrr è stato trasformato, suggestione dopo suggestione, in quello che non era: un presunto attacco alla legge 194, una forzatura e uno strappo per la nostra democrazia.
Ora si riprende nel fonte battesimale del 25 aprile con l’ eterna querelle sui post fascisti che non hanno abiurato al Fascismo. Che dovrebbero prendere le distanze dal Fascismo, che tacciono perché sarebbero complici di quella stagione che pure li ha preceduti di quasi un secolo.
«Giorgia Meloni non ha ripudiato il Fascismo», è quello che Scurati avrebbe potuto e dovuto leggere. È avvilente che l’abbiano tolto dallo schermo, e ancora più avvilente che si usi sempre questa chiave per dare una spallata all’esecutivo che andrebbe contrastato in terra e non nei cieli di un’improbabile superiorità morale. «Leggiamo tutti – è il proclama di Gori – il discorso di Scurati». Meloni fa prima e brucia tutti pubblicando il monologo che proprio lei dall’alto avrebbe censurato. Un disastro per le opposizioni e le loro altisonanti denunce.
La sinistra, pure macchiata da scandali fra Bari e Torino, va avanti così e Maurizio Landini lancia l’ennesimo allarme: «Vogliono un regime, noi difendiamo la democrazia».
È la tempesta perfetta.