Nuovi segnali di ottimismo sull’economia italiana. Dopo la promozione di Standard and Poor’s che venerdì notte ha confermato la tripla B al debito dell’Italia con l’outlook (cioè previsioni) «stabili», il centro studi di Confcommercio vede rosa sul primo trimestre dell’anno che dovrebbe evidenziare una crescita dello 0,3%, in accelerazione rispetto a una prima stima che riportava di un incremento dello 0,1 per cento. La spinta porta il tendenziale, ovvero l’incremento sullo stesso trimestre dell’anno scorso, al +0,5 per cento. Bene anche l’inflazione, che dopo l’accelerazione di marzo (+1,2%) ad aprile dovrebbe ripiegare sull’1% su base annua.
Per Confcommercio, quindi, «la nostra economia, pur vivendo un periodo non particolarmente dinamico, continua a trovare importanti spunti di vivacità, provenienti soprattutto dal settore dei servizi e, con particolare forza, dal turismo degli stranieri». Di conseguenza, «sono ancora soddisfacenti le dinamiche occupazionali che, a loro volta, sostengono i redditi e i consumi».
Se la promozione sui conti pubblici da parte di S&P e la crescita economica sono buone notizie per l’Italia e per il suo ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti (in foto), non si può dire lo stesso della preoccupante voragine ereditata dagli anni di agevolazioni fiscali allegre. Secondo le stime di Unimpresa, infatti, il Superbonus e gli altri sconti fiscali per l’edilizia hanno dato il via a una partita di giro sui conti pubblici da 41,6 miliardi. A tanto ammontano infatti le compensazioni di crediti d’imposta calcolate negli ultimi tre anni: 6,4 miliardi nel 2022, 20,9 miliardi nel 2023 e 14,3 miliardi nel 2024. La quota maggiore di questa enorme torta è riconducibile al Superbonus 110% che vale il 76,2% del totale, cioè 31,7 miliardi su quasi 42 miliardi complessivi. Ed è un conto parziale, dal momento che le ultime stime vedono un macigno di 219,5 miliardi per tutti i bonus fiscali su lavori edilizi concessi dal 2021 al 4 aprile scorso.
«La gestione del Superbonus, sul piano della finanza pubblica, non è stata ottimale», si legge nel report di Unimpresa, «fin dall’inizio, sarebbe stato necessario accompagnare la regola con procedure di autorizzazione preventiva, consentendo così l’introduzione di un limite di spesa».