Le scarne immagini dei «buchetti» in mezzo alla sabbia provocati dai missili iraniani, che hanno penetrato la difesa israeliana e alleata, dimostrano l’inconsistenza dei danni militari dell’attacco dell’Iran a Israele. «Un fallimento spettacolare», lo ha definito il portavoce della Casa Bianca John Kirby, secondo cui non c’è stato alcun avvertimento dell’Iran sui tempi e obiettivi dell’azione contro Israele, una «narrativa ridicola» da parte del regime. Ancora più spettacolare sarebbe il fallimento se fossero confermate le indiscrezioni che il lancio di metà dei missili balistici sarebbe fallito in partenza o i vettori si sono schiantati ben prima di raggiungere Israele, circostanze che incrinerebbero anche il valore simbolico e strategico dell’attacco di Teheran.
Il quotidiano Wall Street Journal, citando tre anonimi funzionari Usa, rivela che «circa il 50% dei missili balistici partiti dall’Iran non sono stati lanciati correttamente o si sono schiantati prima di raggiungere la loro destinazione». «Alla faccia della decantata capacità missilistica iraniana», aggiunge uno dei funzionari. Altre fonti anonime Usa confermano a Fox news che la metà dei missili hanno registrato avarie in partenza o sono precipitati prima di colpire i bersagli. «Il tasso di malfunzionamenti esiste sempre anche per le migliori armi occidentali, ma la media iraniana sarebbe bassa, fra il 5 e 7%. Adesso bisognerà capire dai resti degli ordigni e dalle tracce radar se hanno usato ferraglia oppure no. Gran parte dei droni kamikaze dell’attacco, simili a quelli lanciati dai russi in Ucraina, sono con motore a scoppio, lenti e facili da intercettare. Gli iraniani, però, hanno anche quelli a reazioni ben più temibili come gli Shahed 171 e il nuovo 238», spiega al Giornale il generale della riserva Francesco Ippoliti, che è stato addetto militare a Teheran.
Appena nove missili balistici hanno «bucato» la difesa aerea israeliana provocando pochi danni. Sembra che siano tutti Kheibar, ipersonici, con possibilità di guida della testata nella fase finale. Centcom, il comando strategico degli Stati Uniti, ha confermato l’abbattimento di 80 droni e sei missili balistici lanciati dall’Iran e dallo Yemen contro Israele. Dall’aeroporto internazionale di Erbil, base del contingente italiano che addestra i curdi con la missione Prima Parthica, gli americani hanno intercettato gran parte dei vettori balistici. Dei 30 missili da crociera, capaci di volare a bassa quota uniformandosi al terreno, 25 sono stati distrutti dall’aeronautica israeliana al di fuori dello spazio aereo dello Stato ebraico. E il grosso dei balistici è stato frantumato dagli Arrow 3, ma oltre ai tre sistemi anti missile israeliani, la cupola più ampia è quella della Difesa aerea integrata che coinvolge i Paesi arabi, come Irak, Arabia Saudita, Emirati, Giordania, Kuwait, Bahrein, oltre la Turchia, dove sono presenti basi americane, che schierano 46.500 uomini nella regione.
«La guerra elettronica è parte della difesa aerea integrata. I malfunzionamenti possono essere stati, in parte, provocati dalle interferenze come i segnali di jamming lanciati da terra o da aerei speciali in volo, che confondono la guida del missile o falsano la posizione dell’obiettivo di decine di chilometri» spiega un alto ufficiale occidentale impegnato in Medio Oriente. La forza di penetrazione dei pochi missili balistici giunti sull’obiettivo, con 1500 chili di esplosivo, si basa sulla velocità che nell’atmosfera può arrivare a Mach 8 e il doppio nella stratosfera. Però parte dell’arsenale iraniano di 3mila missili è obsoleto. «L’utilità militare dei missili balistici iraniani a combustibile liquido è limitata a causa della scarsa precisione – conferma Michael Elleman, dell’Istituto internazionale di studi strategici -.
Quindi è improbabile che siano decisivi, ma Teheran potrebbe usare i suoi missili come arma politica o psicologica».