Potrebbe essere questione di ore. Israele vuole infliggere una risposta «dolorosa», da recapitare «in modo chiaro e deciso» all’Iran dopo la notte dei missili. Ma vuole anche evitare che la ritorsione scateni una guerra regionale, per rispondere alle richieste di cautela degli Stati Uniti, decisivi al fianco di Israele durante l’attacco iraniano dal cielo e fermamente convinti a non voler partecipare alla ritorsione. È questa la linea decisa dal Gabinetto di Guerra israeliano, che si è concluso ieri pomeriggio senza annunci ufficiali, ma con le indiscrezioni di fonti interne israeliane e statunitensi. La Nbc considera «imminente» la risposta. Anche il Wall Street Journal è convinto che avverrà in queste ore. «Israele ha deciso di rispondere all’Iran. L’Aeronautica ha completato i preparativi per l’attacco», fa sapere la tv israeliana Channel 12. Tra le opzioni sul tavolo di Gerusalemme, secondo il Washington Post, ci sarebbe un raid mirato contro una struttura a Teheran o un attacco informatico. L’obiettivo è «mandare un messaggio» a Teheran, «senza causare vittime». «La domanda è come e quando» ha dichiarato al quotidiano americano un funzionario israeliano.
Israele studia quindi un modo efficace, ma non troppo eclatante, per dimostrare che Teheran deve pagare un prezzo per la sfida lanciata allo Stato ebraico. Netanyahu avrebbe rifiutato colloqui con diversi leader stranieri che volevano convincerlo a non reagire e ai suoi ministri spiega che «l’Iran dovrà aspettare nervosamente senza sapere quando potrebbe arrivare l’attacco, proprio come ha fatto fare lo stesso a Israele» ma anche che Israele dovrà farlo «con saggezza e non di pancia». Bibi ibfatti non vuole disperdere i buoni risultati raggiunti dopo l’attacco iraniano: un abbassamento della tensione con l’amministrazione Biden, l’aiuto dei Paesi arabi sunniti e il ritorno di una consapevolezza internazionale sulla minaccia iraniana, che il dramma dei civili a Gaza stava offuscando nell’opinione pubblica e nelle cancellerie.
L’estrema destra, alleata di Netanyahu al governo, preme per una ritorsione veloce e il leader dell’opposizione Yair Lapid approfitta della tensione per denunciare «l’odore di debolezza» del governo, che «i nemici di Israele» starebbero fiutando, e per invitare l’ex leader dell’opposizione Benny Gantz, membro del Gabinetto di guerra dopo il 7 ottobre, a far cadere il governo per diventare lui nuovo premier.
Proprio Gantz, che i sondaggi danno come più quotato successore di Netanyahu se si votasse in Israele – e che gli Stati Uniti vedono di buon occhio per un dopo-Bibi – continua a confermare il suo profilo istituzionale. Dopo l’attacco iraniano, è dalle sue parole che si è compresa meglio la linea israeliana: «Esigeremo un prezzo dall’Iran nel modo e nel momento opportuno». L’ex generale ha lanciato anche un piano ben più ambizioso della ritorsione contro l’Iran, quello di una «coalizione regionale» contro Teheran. Qualcuno parla già di prove generali di una Nato del Medio Oriente, un piano del quale Ganzt potrebbe farsi portabandiera, mentre l’Iran di protegge sotto l’ombrello di Russia e Cina.
La guerra intanto va avanti a Gaza senza prospettive immediate di una tregua, anche se si continua a trattare e Hamas sarebbe pronta a rilasciare meno di 20 ostaggi in cambio di sei settimane di tregua. Dopo le indiscrezioni su un possibile rinvio di un attacco a Rafah, ieri non solo è arrivata la smentita del Likud, il partito del premier, ma il ministro della Difesa Yoav Gallant ha convocato un incontro sui preparativi per l’invasione della città nel sud della Striscia, al confine con l’Egitto. L’ufficio del ministro, anche lui membro del Gabinetto di Guerra, ha dichiarato che Gallant ha ordinato di mettere a punto l’evacuazione dei civili palestinesi, oltre all’espansione degli aiuti umanitari nella Striscia.
Le scuole hanno riaperto, invece, in Israele, ma il Paese resta in massima allerta.
L’Iran ha già fatto sapere che, se Israele risponderà, Teheran è pronta a lanciare un attacco più potente.