Consob, Savona nel mirino. “Fermo il piano Bankitalia”

Consob, Savona nel mirino. "Fermo il piano Bankitalia"

Lo sciopero ha funzionato. Ieri il direttore generale della Consob, Luca Filippa, ha convocato le sette sigle sindacali (First Cisl, Uilca Uil, Fisac Cgil, Fabi, Falbi Confsal, Cida e Sibc Cisal) che giovedì scorso avevano fatto incrociare le braccia al 50% del personale dell’Authority di Borsa (325 su 650 unità), dunque dirigenti inclusi. Si è trattato del secondo sciopero che abbia mai interessato la Commissione ma il primo, indetto nel 2011 con presidente Giuseppe Vegas dai sindacati di base, non fu unitario.

Invece ieri il dg Luca Filippa, ex ad di Ftse Italia e dallo scorso luglio alla guida operativa dell’Authority al fianco del presidente Paolo Savona, ha dovuto aprire un tavolo tecnico per affrontare tutte le problematiche relative alla pianta organica della Consob. Il motivo dello scontro è presto detto: il notevole ritardo nell’espletamento delle piante organiche, ferme per alcune qualifiche al 2019. L’altra richiesta attiene la riforma dell’Area manageriale (che in Consob riguarda oltre l’80% del personale) che è entrata in vigore nel 2021, seguendo il modello (e le retribuzioni) di Banca d’Italia, perché, spiegano fonti sindacali, «non sono tuttora stati effettuati passaggi di livello e di segmento».

Nel mirino proprio la presidenza di Paolo Savona, iniziata proprio nel marzo di 5 anni fa, in quanto l’attuale gestione non avrebbe dedicato la necessaria attenzione agli avanzamenti di carriera. E, tra gli altri motivi di lamentela l’adozione di un regolamento del personale effettuata unilateralmente senza previo confronto con il sindacato. Ad aggravare la situazione il fatto che, secondo i sindacati, c’è carenza di organizzazione. «Molti uffici sono retti ad interim da capi divisione, ci sono strutture che non hanno responsabili perché non attivano i processi di vacancy, da anni non si fanno le piante organiche e c’è un contenzioso giudiziario tra singoli e autorità che credo sia arrivato a 15-20 ricorsi», racconta una fonte.

Come avviene spesso quando si parla di pubblica amministrazione e questo è il caso, lo scontro tra sigle sindacali (tutte unite) e Savona è economico, ma anche di natura tecnica. Insomma, «le legittime aspirazioni di crescita, di progressione», spiega un’altra fonte sindacale, «sono bloccate quasi da un decennio e in questi ultimi cinque anni c’è stato proprio il declino assoluto della trasparenza e della condivisione». Insomma, si lamenta qualche chiamata dall’esterno di troppo. «Il regolamento lo prevede, l’attuale vertice l’ha fatto come l’hanno fatto gli altri ma la differenza è che occorre fare pure il resto».

Il fatto che le risorse interne non si sentano adeguatamente valorizzate ha dato il via anche a una serie di attacchi contro la presidenza. Nel volantino unitario che preannunciava lo sciopero si faceva riferimento a «capziose richieste di istruttorie supplementari» e «l’eccessiva attenzione a temi ultronei alla mission dell’istituto». La prima accusa riguarda la presunta scarsa velocità nel trattare le segnalazioni degli uffici sulle anomalie di Borsa.

La seconda imputa a Savona di parlare nei suoi discorsi di temi che esulano dalla finanza come la macroeconomia e la politica economica.

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