– Sapete cosa è successo nei giorni scorsi nel campo nomadi di via Salone, a Roma? Hanno stuprato una bambina di 14 anni, narcotizzandola e poi riprendendola in un video. Questa almeno è la sua denuncia, che andrà ovviamente verificata, ma non è questo il punto. Quando una donna viene stuprata o molestata, normalmente sui giornali di tutta Italia si chiede di dare voce alla denuncia della vittima. Poi compaiono intelligenti commenti sulle scorie patriarcali di questa nostra malsana società italiana. Si denuncia la cosiddetta “vittimizzazione secondaria”. Si analizza il contesto in cui è avvenuto lo stupro. Insomma: ci si indigna, giustamente. Per questo mi pare strano non aver trovato, oggi, nessun commento sull’orribile patriarcato nel campi nomadi. Ma nemmeno almeno una righina sull’orrore perpetrato in quel contesto così border line, fatto di roulotte e degrado. È uno stupro, o presunto tale, che non indigna. Sarà un caso?
– Salvatore Bernabei, ad di Enel Green Power, smonta pezzo per pezzo la polemica sollevata dai sindacati sulla sicurezza nella centrale di Suviana. Alla riunione fatta in presenza dei delegati per discutere di questo argomento, che risale a dicembre del 2022, i sindacati si congratularono infatti “per il livello di attenzione sulle tematiche relative alla sicurezza”. È orribile cavalcare una tragedia, ancora senza un perché, a soli scopi politici e sindacali.
– Interessante, e intellettualmente onesto, il commento di Stefano Cappellini su Repubblica. Si chiede come mai nessuno a sinistra si sia indignato per le donne islamiche costrette e pregare rinchiuse in un recinto, separatamente dagli uomini. Riporto parte dell’editoriale: “La foto delle donne recintate in piazza a Roma durante la celebrazione della fine del Ramadan è finita nei titoli di prima pagina di molti giornali di destra, dove si innesta su anni di campagne xenofobe e anti-migranti. Per il resto, silenzio. Onestamente: se all’Angelus del Papa le fedeli fossero confinate in fondo a piazza San Pietro, in un’area transennata solo per loro, chi ha taciuto sulle islamiche recintate farebbe altrettanto? Le femministe scrollerebbero le spalle dicendo: è la cultura cattolica, è la loro cultura, chiudiamola qui? Si può avanzare la domanda su questo doppio standard o si è già passibili di oltraggio all’intersezionalità? (Intersezionalità è quella visione della realtà basata sull’identificazione di una scala di privilegi al cui vertice c’è il maschio bianco etero occidentale, e più ti allontani dalla “norma” per colore della pelle, genere, etnia, orientamento sessuale, più hai titolo morale, diritto di parola e franchigia culturale)”. E ancora: “Ma in quella mentalità funziona così: se un uomo occidentale dice “Carmela, copriti”, è patriarcato; se un uomo islamico dice “Aisha, chiuditi”, è identità”. Perfetto.
– La Rai smentisce gli articoli che cominciano a trapelare sulle presunte pressioni che avrebbe ricevuto Amadeus per la conduzione del Festival. Come in tutti gli aspetti della vita, qualche dialogo tra conduttore e direzione della tv ci sarà stato. E magari mamma Rai avrà anche avanzato alcune richieste o messo dei paletti, come normale che sia. Gli avranno chiesto di fare un Festival meno arcobaleno? Può darsi. Ma nessun lavoro è esente da certe dinamiche. E poi suvvia: possibile che ad ogni mancato rinnovo di contratto (Fazio, Annunziata, Amadeus…) a fronte le vagonate di danaro che presenta la concorrenza, occorra sempre buttarla sulla mancata libertà in Rai? Il discorso non regge, perché è mendace. Parliamo seriamente: se Amadeus se ne andrà, sarà con ogni probabilità perché al Nove gli assicurano più stimoli e una retribuzione migliore. Che poi sono le due condizioni base di ogni cambio lavoro.
– Oggi versione breve, giornata piena.
Ci vediamo domani.