Tra edifici storici e progetti futuristici, l’Alto Adige del vino si può raccontare anche dal punto di vista architettonico. Un connubio tra bellezza e bontà, tra visione e legame con il territorio che ha pochi altri eguali in Italia.
Partiamo dalla Cantina di Bolzano, alla periferia del capoluogo altoatesino, che nel 2018 si è rinnovata inaugurando una nuova avveniristica sede progettata dallo studio di architettura locale Dell’Agnolo-Kelderer, che ha il suo gesto più rappresentativo nella facciata dell’edificio amministrativo che si vede da lontano, composta da un rivestimento in lamiera di alluminio forata color bronzo che riproduce in macro una foglia. Un manufatto dal forte impatto visivo, che ha anche la funzione di schermare dal sole senza impedire la vista sia dall’interno sia dall’esterno e che di notte diventa un suggestivo cubo futuristico. La cantina è però molto di più, gran parte dei suoi volumi sono infatti non a vista e disposti in maniera verticale in modo che tutte le fasi successive della lavorazione dell’uva possano sfruttare la forza di gravità e ridurre l’uso delle pompe, ciò che migliora la qualità del mosto e permette un notevole risparmio energetico. Tra i vini di questa cantina cooperativa (224 conferitori, 300 ettari totali, 3 milioni di bottiglie l’anno) segnaliamo il Pinot Nero Thalman, elegantissimo.
Restiamo nel contemporaneo spostandoci nella Cantina Tramin a Termeno, con il progetto architettonico firmato dall’architetto Werner Tscholl ultimato nel gennaio 2010 e innestato sulla vecchia struttura. Un’opera di grande impatto visivo, dal colore verde brillante, che prende vita ispirandosi alla vite e alla sua morfologia. Una sede di design perfettamente integrata nella bellezza del paesaggio e con un alto valore ambientale, anche grazie all’impianto fotovoltaico attivo fin dal 2012 sul tetto della struttura. Anche in questo caso si tratta di una realtà cooperativa nata nel 1898, che coinvolge 160 famiglie che curano un totale di 270 ettari vitati per un totale di 1,5 milioni di bottiglie. Tra i tanti notevoli vini non posso non citare un Gewurztraminer (che prende il nome proprio da Tramin), il magnifico e fiero Nussbaumer, probabilmente l’etichetta italiana più premiata di questa tipologia complessa e troppo spesso gravata da pregiudizi (si va da: “E’ un vino da donne” a “E’ quasi impossibile da abbinare”).
Terza cantina di architettura contemporanea è Kurtatsch (Cortaccia), fondata nel 1900 e che oggi conta sul lavoro di 190 soci conferitori che lavorano altrettanti ettari, producendo all’incirca 1,5 milioni di bottiglie l’anno. Anche in questo caso il progetto architettonico dell’ampliamento è firmato dallo studio Dell’Agnolo-Kelderer, che hanno studiato una facciata ritmato da costole di dolomia che riprendono la conformazione delle rocce poco distanti, fortemente emozionante, ma anche in grado, grazie a delle aperture, di inondare l’interno di luce. Ne beneficiano soprattutto gli spazzi dell’enoteca, molto frequentata – cosa che trovo adorabile – dai soci orgogliosi di portare gli amici ad assaggiare in un contesto di grande bellezza i vini alla cui fattura contribuiscono. E a proposito di vini, qui segnaliamo il Tres (che prende il nome dai tre cipressi simbolo della cantina), un Merlot e Cabernet dal lungo affinamento in botti di rovere e poi in bottiglia, impreziositi da etichette dipinte a mano una a una.
Chiudiamo la parte innovativa dell’architettura del vino altoatesino con Manincor, cantina che si affaccia sul lago di Caldaro e che dalla strada è quasi invisibile: si tratta infatti di un gioiello tecnologico acquattato sotto il vigneto accanto all’edificio storico, progettato da Walter Angonese e Rainer Koeberl che su richiesta del committente Michael Goëss-Enzemberg hanno costruito in profondità avvantaggiandosi dell’inclinazione della collina e hanno ricoperto la nuova cantina – dall’aspetto solidamente monolitico – con la terra preesistente coltivata a vigneto, a creare un vero connubio terra natura e mano umana. Manincor è un’azienda privata dalla storia antica ma che solo da poco più di trent’anni produce vini in proprio (attualmente fa circa 350mila bottiglie) e della quale ci piace citare il blend bianco Contessa (Pinot Bianco, Chardonnay e Sauvignon), di notevole eleganza.
Se siete stanchi di tanta contemporaneità potete recarvi nella bellissima Abbazia di Novacella, nella Velle Isarco, un luogo che da quasi nove secoli è centro di un’intensa vita spirituale e culturale: si teratta di uno dei complessi abbaziali più grandi e importanti dell’intero arco alpino che fa capo all’ordine dei Canonici Agostiniani, fortemente protesi alla presenza nel mondo. Prova ne sia la eccelsa produzione di vino grazie alle uve delle vicine vigne che si beano di un clima fresco perfetto per gli aromatici bianchi, ma anche grazie ai terreni a Bolzano e Cornaiano, più propizi per i rossi. Ma io scelgo di segnalare il notevole Riesling della linea Praepositus, dal naso piacevolmente tropicale.
Infine, torniamo a Cortaccia da Tiefenbrunner, un’azienda a conduzione familiare che coltiva 77 ettari di viti tra i 210 e i 1000 metri di altitudine. Visitare la cantina vuol dire fare un vero viaggio a ritroso nel tempo, visto che essa si trova all’interno di Castel Turmhof, una fortezza con ottocento anni di vita. Bellissime le cantine in mattoni. I vini hanno, coerentemente, uno stile piuttosto classicista.
Segnalo la Schiava della linea Turmhof, corretta interpretazione di questa tipologia che, passata per la gloria del monopolio enologico rosso altoatesino e poi per la totale trascuratezza, pare oggi pronta a interpretare al meglio il suo essere un vino nervoso e beverino, naturalmente in linea con il contemporaneo Zeitgeist enologico.