Sì ai test psico-attitudinali per indossare la toga

Sì ai test psico-attitudinali per indossare la toga

Ci sono volute ore di trattative e di limature, momenti anche complicati in cui all’interno della maggioranza di centrodestra si sono fatte sentire le diverse «anime» sul tema della giustizia. Il tema sul tavolo, il decreto che introduce i test psicoattitudinali per gli aspiranti magistrati, è stato oggetto di mediazioni faticose. Il testo finale non soddisfa del tutto le componenti più garantiste del governo, e probabilmente neanche lo stesso ministro Carlo Nordio. Ma, di fronte alla continua polemica con cui i vertici della magistratura associata e le loro sponde in Parlamento hanno battagliato sino all’ultimo contro l’introduzione dei test, che alla fine il decreto sia stato varato è comunque un risultato non scontato.

«Il consiglio dei ministri ha approvato il decreto legislativo che introduce i test psicoattitudinali per l’ingresso in magistratura», può annunciare alle nove di ieri sera Nordio, al termine della riunione del governo. «Non c’è alcuna interferenza da parte dell’autorità politica o del governo», è la prima precisazione che Nordio tiene a fare, come per fugare da subito le accuse del presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, di voler fare dei test un «proclama contro i magistrati» e di volerne condizionare l’autonomia. «L’esame psicoattitudinale – ha sottolineato Nordio – è previsto per tutte le funzioni più importanti del Paese, per i medici, per i piloti di aereo, ma è soprattutto previsto per le forze dell’ordine. Questa è una domanda che vorrei fare a chi polemizza proprio tra i miei ex colleghi con questa scelta e vorrei una risposta logica e non polemica. Il pm è il capo della polizia giudiziaria, che viene sottoposta ai test psicoattitudinali. Se noi sottoponiamo a questi test chi ubbidisce al comandante, è possibile non sottoporre al test psicoattitudinale chi ha la direzione della polizia giudiziaria? Aspetto un attimo una risposta, non vorrei che fosse la solita polemica ed evanescente».

Le ultime ore prima della riunione del governo avevano visto un accavallarsi di prese di posizione virulente: il dem Federico Giannassi, capogruppo in commissione Giustizia, che parlava di «intervento a gamba tesa» di un governo «che usa la clava e il furore ideologico sui temi della giustizia»; i membri grillini della commissione – tra cui l’ex procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho – secondo i quali i test «coronano il sogno prima di Licio Gelli e poi di Silvio Berlusconi e continuano l’azione di delegittimazione verso chi deve contrastare i delinquenti». Più del fuoco di fila delle opposizioni, a rendere accidentato il cammino del decreto sono stati però i dubbi all’interno della maggioranza: tra i «tiepidi» si era schierato ieri il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto, affermando «io non sono un fan dei test», e sottolineando l’esigenza che «nell’applicazione dei test psicoattitudinali è giusto ci sia la massima cautela e trasparenza». Ma, rimarca Sisto, a votare per la loro introduzione sono state le commissioni Giustizia di Camera e Senato: «I pareri, per quanto non vincolanti, sono stati identici e ci hanno dato un’indicazione precisa. Il Ministero non può di certo far finta di non aver letto e smarcarsi».

Il decreto da ieri è legge. Ora la palla passa al Csm, che dovrà dettare le modalità pratiche di attuazione.

All’interno del Consiglio c’è chi si prepara a opporsi con ogni mezzo, non solo tra i membri togati ma anche nella componente laica, ma anche chi, come il consigliere laico Enrico Caimi, invita a non innalzare barricate insensate: «Possedere la dote dell’equilibrio per i magistrati viene prima della stessa preparazione tecnica, è – o dovrebbe essere – addirittura un prerequisito». Quanti gli daranno retta?

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