Quello che le donne ora dicono

Quello che le donne ora dicono

Lo diciamo con tutto il tatto che merita il tema. Ma l’impressione è che la questione «patriarcato» ci stia sfuggendo di mano. Accade, di solito, quando un’emergenza – che pure dura da troppo tempo – s’impone nei media sull’onda di un’improvvisa emotività. Reazioni comprensibili ma scomposte rischiano di essere poco incisive.

Fiorella Mannoia, d’un tratto, dopo migliaia di casi di violenza, dopo 105 donne uccise quest’anno, cambia il finale della sua canzone più famosa: «E vi diremo ancora un altro… no». Bellissima idea. Poi bisognerà avvertire anche Enrico Ruggeri che l’ha scritta. Ma fa impressione che la notizia sia stata per tutto il giorno la seconda per importanza sul sito di Repubblica. Più di quella sull’inchiesta. Ancora. Un altro organo di Stampa pubblica una pagina con i nomi delle «Cento Giulia» uccise nel 2023. Sommarione: «Sempre più donne sono vittime della violenza di uomini». Solo che la prima della lista fu uccisa dalla figlia, la numero 9 dalla nuora, la 15 dalla madre… Certo, fossero anche solo due, sarebbe una mattanza. Ma l’indignazione cieca (e falsa) non aiuta la causa.

Un’ultima cosa. Siamo sicuri che questa corsa trafelata ai corsi di educazione all’affettività nelle scuole sia la strada giusta? Per inserire in programma un’ora su «l’amore oltre il genere» poi ne devo togliere una su Achille, il più maschio degli eroi capace però di piangere, e il suo amore per Patroclo. E tra le due facciamo fatica a scegliere.

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