Non si fa mai caso alle parole, ma a starci attenti si capisce di quale oscurità si parla. Nell’audio registrato da Giulia Cecchettin per le sue amiche, in cui parlava del suo ex fidanzato Filippo Turetta, c’era tutto quello che serviva a capire: era il bersaglio l’unica cosa sbagliata. Con un’empatia tipica del corredo genetico femminile, Giulia temeva che fosse il suo assassino a potersi fare del male, a usare violenza su se stesso. Lo temeva mentre lui sciorinava quell’elenco atroce e banale con cui si cerca di legare qualcuno a sè per tutti i motivi sbagliati. «Sono in una situazione in cui vorrei che sparisse, vorrei non avere più contatti con Filippo, però allo stesso tempo mi viene a dire che è super depresso, che ha smesso di mangiare, che passa le giornate a guardare il soffitto, che pensa solo ad ammazzarsi, che vorrebbe uccidersi, che non trova più un senso per andare avanti, che adesso è cominciata l’uni (università) e che a lui non frega niente di seguire nessun corso, che passerà le sue giornate in casa» spiegava Giulia nel vocale. Ed era dispiaciuta di tediare le sue amiche con la solita questione, di sembrare «un disco rotto», ma avrebbe voluto un consiglio da loro o forse avrebbe solo voluto essere «assolta» perché nei confronti di Filippo si sentiva il colpa, anche se ormai il loro rapporto era diventato, nella migliore delle ipotesi, un’abitudine. Non lo sopportava più ma continuava a farsene carico. Anche se il fastidio la mordeva. Diceva che stava «accumulando rabbia» come sempre quando si vive sotto un’imposizione più o meno evidente, quando qualcuno ti costringe tenendoti immobile sotto un tempo che si raddensa fermo. Faceva leva sulla pietà, l’unica cosa che l’amore non dovrebbe contemplare. «Lui non mi dice tutte queste cose come ricatto, ma suonano molto come un ricatto, mi dice che l’unica luce nelle sue giornate sono le uscite con me, o i momenti in cui io gli scrivo. Vorrei sparire dalla sua vita però mi sento in colpa, ho troppa paura che possa farsi male in qualche modo, forse mi dice queste cose per starmi appiccicato, ma il rischio che si faccia del male e che potrebbe essere colpa mia… mi uccide». E invece era esattamente un ricatto quello in cui la soffocava. E non è stato il senso di colpa a ucciderla…