La sua presenza ad alcune riunioni del consiglio di amministrazione della cooperativa accusata di lucrare sull’accoglienza migranti sarebbe stata attestata tramite firme false. Questo è in buona sostanza quel che sostiene Liliane Murekatete, moglie del deputato Aboubakar Soumahoro, che nelle scorse ore (stando a quel che riporta la stampa pontina) ha presentato una denuncia presso la procura di Latina per sostituzione di persona e falso in atto pubblico, chiedendo l’acquisizione degli atti originali della cooperativa Karibu (che secondo quanto ipotizzato dagli inquirenti gestiva lei stessa insieme alla madre, Marie Therese Mukamitsindo, e al fratellastro Michel Rukundo). Murekatete è a processo per reati fiscali legati alla gestione di fondi delle cooperative che si occupavano di supporto ai migranti. E risulta indagata anche nell’ambito di un altro filone della medesima inchiesta, condotta dalla guardia di finanza e che vede coinvolti sempre la madre e l’altro figlio di quest’ultima, in cui vengono contestate a vario titolo le accuse di frode nelle pubbliche forniture, bancarotta fraudolenta patrimoniale (per distrazione) e autoriciclaggio.
Diversamente da quanto risulterebbe dagli atti della cooperativa in questione, la moglie di Soumahoro sostiene di non aver mai partecipato alle assemblee e ai consigli di amministrazione della Karibu: alcune delle firme riportate sui verbali delle riunioni in oggetto non sarebbero in realtà attribuibili a lei, a suo dire. Nella querela sporta da lady Soumahoro, riportata dall’agenzia di stampa AdnKronos, si leggerebbe che “il presupposto fondamentale su cui si basano le contestazioni è costituito dal fatto che sarebbe stata nominata consigliere d’amministrazione della Karibu in forza di delibera assembleare dei soci della cooperativa del 3 aprile 2018” e “che avrebbe partecipato, in qualità di consigliere d’amministrazione” a una serie di riunioni del consiglio di amministrazione e di assemblee dei soci negli anni che vanno dal 2018 al 2022.
L’indagata ritene ad esempio che, nel foglio delle firme di presenza relativo all’assemblea dei soci della cooperativa Karibu del 28 maggio 2019 (svoltasi a pochi giorni di distanza dal parto della donna) accanto al suo nome compaia in realtà la firma di un’altra socia. E su queste basi, nell’atto presentato presso la procura pontina viene chiesta anche un perizia grafica, per fare chiarezza sotto questo aspetto. “A mio avviso le copie analogiche dei verbali confermano quanto sempre sostenuto dalla mia assistita in ordine alla sua estraneità ai fatti contestati – ha dichiarato l’avvocato della donna, Lorenzo Borrè – e, in primis, alla configurabilità dello status giuridico di consigliere d’amministrazione della Karibu”.